Churchill-Mussolini. Ecco le (nuove) prove del mitico carteggio

Le lettere tra un capo partigiano e una spia confermano l'esistenza del compromettente documento

Churchill-Mussolini. Ecco le (nuove) prove del mitico carteggio

Il carteggio Churchill-Mussolini, uno dei documenti più misteriosi della storia contemporanea italiana, torna di nuovo a far parlare di sé. La vicenda è abbastanza nota al grande pubblico. Prima e durante la seconda guerra mondiale il duce del fascismo e il primo ministro britannico intrattennero quasi sicuramente una corrispondenza riservata. Mussolini aveva custodito gelosamente quelle carte, soprattutto da quando le sorti dell'Asse si erano volte inesorabilmente alla sconfitta.
Cosa contenevano? Molto probabilmente aperture di Churchill verso il più fragile dei suoi nemici - l'ex primo lord dell'ammiragliato considerava la penisola italiana il ventre molle della «Fortezza europa» del nazifascismo. Il contenuto esatto di quegli scritti non è noto, ma nel marzo del '45 Mussolini confidò ad Alessandro Pavolini: «Questi documenti valgono per l'Italia più di una guerra vinta... perché documentano la malafede inglese». Probabilmente esagerava perché qualsiasi corrispondenza val ben poco a confronto con una disfatta militare. Però di certo se le tenne ben strette durante la sua fuga verso Dongo. Come ricostruito da alcuni storici, a esempio Luciano Garibaldi, il 27 aprile 1945, al momento della sua cattura, Benito Mussolini aveva con sé due borse piene di documenti contenenti - secondo le testimonianze - parte della sua corrispondenza con Churchill. Le due borse furono subito requisite dai partigiani della 52ª Brigata Garibaldi “Luigi Clerici”. Da quel momento il destino dei documenti diventa meno chiaro. Secondo alcuni testimoni, dopo la produzione di alcune copie, il 4 maggio 1945, il materiale fu esaminato da una commissione formata, tra gli altri, dal segretario della Federazione comunista locale, Dante Gorreri, e dal nuovo prefetto di Como, Virginio Bertinelli.

Era materiale scottante, ma forse i partigiani non capirono quanto. Sta di fatto che poi accadde l'incredibile: il 2 settembre 1945, a nemmeno due mesi dalla conclusione della guerra, dopo aver perso le elezioni e non più primo ministro, Winston Churchill si recò sul lago di Como, a trascorrere una breve vacanza nella Villa Apraxin di Moltrasio, dietro falso nome. Forse si trattò di una missione di recupero aiutata e gestita dai servizi segreti inglesi. Infatti dopo quel momento del famoso carteggio non si ebbe più traccia.

Ora a questo quadro si aggiunge un nuovo tassello. In una ricostruzione dello storico Roberto Festorazzi pubblicata sul nuovo numero di Oggi emerge che in questo intrigo internazionale ebbe un ruolo rilevante anche un agente dei servizi segreti italiani, Bruno Piero Puccioni (1903-1990). Puccioni era stato un fascista della prima ora e già nella Repubblica sociale in qualità di agente aveva svolto il ruoli di collegamento tra fascisti, partigiani e alleati (le parti si parlavano molto più di quanto si creda). Da una villa del borgo di Damaso, non lontano da Dongo, Puccioni era riuscito a stabilire buoni rapporti con i partigiani moderati tra i quali il nobile fiorentino Pier Luigi Bellini delle Stelle, comandante della 52ª Brigata. Puccioni cercò di elaborare un piano per salvare Mussolini e consegnarlo agli americani. Il piano fallì e Mussolini venne fucilato (non è qui il caso di riaprire la discussione annosa se per volontà partigiana o con una spintarella degli agenti inglesi).
Quel che è certo è però che Puccioni e Bellini delle Stelle cercarono anche nel dopoguerra di rimettere le mani sul carteggio. Festorazzi ha ritrovato alcune delle loro missive. Così scrive, secondo Oggi e Festorazzi, Bellini delle Stelle a Puccioni il 7 maggio del '49: «Il carteggio pare sia andato a chi già supponevamo, ma seguendo tutt'altra via da quella che ho dapprima seguito... Pare però che seguendo questa via si possa giungere ad entrare in possesso di una copia fotografica di tutti i 63 fogli...». Il piano dei due ex nemici-amici evidentemente non andò a buon fine. Secondo Festorazzi speravano con quelle carte di far tornare Trieste all'Italia. Di certo questa è un'ulteriore conferma dell'esistenza del carteggio e di quale strada probabilmente prese.

Come spiega al Giornale Francesco Perfetti, contemporaneista della LUISS Guido Carli di Roma: «Che il carteggio sia esistito ormai è un fatto che negano soltanto alcuni storici inglesi, più che altro per un non molto sensato amor di patria». E che potesse essere compromettente? «All'epoca senz'altro, chiaro che potesse imbarazzare il primo ministro inglese, anche se non va sopravvalutato. Non credo ci sia al suo interno qualcosa che possa cambiare la Storia.

Al massimo le prove di quella Realpolitik che si pratica sempre in tempo di guerra e che era un tratto chiaro e noto del modo di operare di Churchill. Quanto alla simpatia umana che molti conservatori inglesi e Churchill provarono a lungo prima della guerra per Mussolini è cosa nota anche quella».

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