Tra Bob Dylan, che ormai pare aver scelto il mestiere parallelo di pittore al punto da essere stato inserito nella scuderia di Gagosian, la galleria d'arte più importante del mondo, e David Bowie, glorificato dal Victoria & Albert Museum di Londra come artista totale, in grado di influenzare stili e linguaggi, ecco spuntare, questa volta in Italia, un appuntamento che i fan dell'art rock non potranno certo mancare. Si tratta della mostra che aprirà a Modena il 13 settembre alla Galleria Civica (ma solo per poco più di un mese, chiuderà infatti il 20 ottobre) dedicata al multiforme e discusso talento di John Lennon, l'intellettuale dei Beatles. E proprio da una celebre canzone del quartetto di Liverpool che la mostra prende il titolo, All You Need Is Love, quasi un manifesto per la deriva zuccherosa che Lennon prese dal 1968, quando avvenne l'incontro con Yoko Ono che, oltre a cambiargli la vita, cambiò probabilmente anche la storia della musica. Di Ono, artista Fluxus acclamata dalla critica, insignita nel 2009 del Leone d'Oro alla Biennale di Venezia, oggi ottantenne (John ne avrebbe 73), si può peraltro vedere la più importante retrospettiva finora dedicatale al Louisiana Museum of Modern Art in Danimarca, e tentare di dare risposta alla solita annosa domanda: è una geniale interprete dell'avanguardia più estrema o una donna capace di approfittare cinicamente della situazione e ricevere un'immensa popolarità dalla liason con uno dei musicisti più famosi al mondo?
Tornando a Lennon, colpisce innanzitutto che, al momento dello scioglimento dei Beatles (1970), non avesse che trent'anni. Eppure aveva immagazzinato già una quantità d'esperienze incredibile per un ragazzo così giovane, e nel restante decennio che gli restò da vivere sembrò persino tirare i remi in barca, insomma la creatività migliore era già alle spalle.
Il nucleo principale della mostra di Modena, curata da Marco Pierini, Enzo Gentile e Antonio Taormina, si concentra soprattutto sul periodo post '68, quando già i Beatles sono entrati nella fase finale del loro percorso mentre Yoko Ono è destinata a prendere sempre più spazio nella vita e nell'arte di John. Che così si scopre non solo musicista ma anche artista, performer e attore di cinema sperimentale, dopo l'esperienza mainstream in Come ho vinto la guerra di Richard Lester (1967), commedia satirica e antimilitarista che passerà alla storia perché lì per la prima volta Lennon porta gli occhialetti tondi, destinati a divenire un'icona per un personaggio che con forza vuole ribadire la propria ambizione culturale.
L'arte, peraltro, l'aveva masticata fin da giovane, da quando nel 1957 si era iscritto al Liverpool College of Art, dove non brillava certo per profitto; però era affascinato da figure romantiche come Van Gogh e Nicolas de Stael, entrò in contatto con la letteratura beat americana e conobbe Eduardo Paolozzi, precursore della Pop inglese.
Insomma all'appuntamento «della vita» con Yoko Ono ci arrivò niente affatto digiuno e impreparato; i gossip dell'epoca raccontano di un primo impatto, l'occasione è una personale di Ono nel 1966 all'Indica Gallery, non proprio felice e di un Lennon persino infastidito dall'atteggiamento superbo di lei. Da quando iniziano a frequentarsi stabilmente, il Beatle scopre, oltre all'amore, una dimensione finora sconosciuta, ovvero una creatività a 360 gradi e la possibilità di fare tutto, anche cose incomprensibili ai più come i dischi firmati Plastic Ono Band. Ma quanto la prestigiosa griffe indirizza il giudizio? Insomma, se alcune prove non fossero state autografate Lennon le considereremmo davvero opere d'arte o non piuttosto goffi tentativi di sperimentazione tout court?
Di questo periodo a Modena c'è parecchio materiale, a cominciare dai disegni, tecnica verso la quale era abbastanza portato. In particolare viene esposta la cartella litografica Bag One, raccolta in una borsa di pelle bianca firmata da Ted Lapidus: si tratta di disegni erotici della luna di miele della coppia ad Amsterdam, che fu sequestrata dalla polizia per oscenità, e in seguito esposta anche in Italia, alla Galleria Ponte Sisto di Roma nel '71. Quello che rappresenta l'ingresso definitivo di Lennon nel mondo dell'avanguardia sono i film sperimentali che uniscono lo stile di Fluxus a un certo manierismo warholiano. Smile è una lenta inquadratura del suo volto mentre in Two Virgins le due facce si fondono fino a diventare una cosa sola; in Rape per 75 minuti seguono una passante per strada con un ritmo addirittura persecutorio, mentre Self Portrait è una ripresa di 42 minuti sul pene di John che raggiunge l'erezione.
Sono decisamente lontani i tempi dei Beatles e risulta difficile credere che Lennon sia la stessa
persona disposta da una parte a mostrare le proprie grazie in nome dell'avanguardia e dall'altra a regalarci, insieme a McCartney & c, l'ultimo capolavoro Let It Be. Noi, peraltro, continuiamo a preferire le canzonette.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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