Per l'intellighenzia ora è tutta colpa di "Charlie Hebdo"

Dopo l'ondata di commozione generale, gli intellettuali hanno cominciato a fare distinguo sulla libertà d'espressione e precisazioni sui limiti della satira

Per l'intellighenzia ora è tutta colpa di "Charlie Hebdo"

La divisione sul significato da attribuire alla strage di Charlie Hebdo ? Un (brutto) film già visto. Dopo l'ondata di commozione generale, gli intellettuali hanno cominciato a fare distinguo sulla libertà d'espressione e precisazioni sui limiti della satira. Con l'aggiunta di accuse striscianti verso la rivista oggetto di un attentato costato la vita a 12 persone: intolleranza e addirittura razzismo. Sei scrittori (Tajye Selasi, Michael Ondaatje, Peter Carey, Francine Prose, Teju Cole e Rachel Kushner) hanno deciso di non presenziare alla cerimonia di consegna del premio PEN a Charlie Hebdo , come già raccontato da il Giornale . Garry Trudeau, autore della striscia Doonesbury , ha invece manifestato dubbi sui colleghi francesi massacrati dai terroristi islamici lo scorso 7 gennaio.

Trascriviamo da un intervento apparso ieri su Repubblica : «Colpendo duro dall'alto verso il basso, attaccando una minoranza sprovveduta ed emarginata (i musulmani di Francia, ndr) con disegni sgradevoli e volgari, Charlie ha girovagato senza meta nel regno dell'istigazione all'odio. Beh voilà: le 7 milioni di copie pubblicate dopo il massacro hanno fatto proprio questo, innescando violenze in tutto il mondo musulmano, tra cui una in Niger, dove dieci persone hanno perso la vita». Siamo a un passo dal dire: se la sono cercata e sono pure responsabili di gravi disordini. Trudeau risale alle vignette danesi, all'origine di tutta la vicenda. Che racconta così: «L'idea che c'era dietro le vignette originali non era quella di intrattenere o illuminare o sfidare l'autorità: l'incarico assegnato ai vignettisti era di provocare. E in ciò ebbero un successo incredibile. Non soltanto un vignettista fu assassinato a colpi di armi da fuoco, ma in tutto il mondo scoppiarono tumulti che provocarono la morte di molte altre persone». In realtà, i tumulti si scatenarono a mesi di distanza dalla pubblicazione e furono istigati da un gruppo di imam «itineranti» nei Paesi musulmani. Le vignette danesi furono stampate con un intento diverso da quello indicato da Trudeau. Nel 2005 il quotidiano Jyllands Posten commissionò i disegni per verificare se esistesse libertà di espressione sull'islam o se prevalesse un'autocensura indotta dalla paura. Le tavole avrebbero dovuto essere 40 ma 28 artisti rifiutano l'incarico.

Charlie Hebdo riprese quelle vignette, aggiungendone altre. Conosciamo il finale a cui si aggiunge una notizia di ieri: Luz, autore della prima copertina di Charlie post strage, ha annunciato che non disegnerà più Maometto. Niente di nuovo, comunque. Nel 1989 Salman Rushdie fu condannato a morte dall'ayatollah Khomeini a causa dei Versi satanici , romanzo «blasfemo» nei confronti di Maometto. Il PEN americano, guidato da Susan Sontag, organizzò un convegno in supporto di Rushdie. Alcuni scrittori cercarono scuse per «bucare» l'appuntamento. Arthur Miller disse che il suo ebraismo avrebbe potuto giocare un ruolo controproducente. Nel frattempo il mondo della cultura prendeva posizione. Non mancarono voci critiche verso Rushdie. Road Dahl: «Rushdie è un pericoloso opportunista». George Steiner: «Rushdie ha fatto in modo di creare un sacco di problemi». Kingsley Amis: «Se vai in cerca di guai, non puoi lamentarti quando li trovi».

John Le Carré definì Rushdie un «cretino». La storia, dunque, si ripete e ogni volta i fondamentalisti diventano più aggressivi. La censura si insinua in Europa e negli Usa. Col consenso degli intellettuali, in nome del politicamente corretto.

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