Da cronista di strada a personaggio di culto

Sono in molti ad essersi ispirati al reporter: da Ellroy al regista Howard Franklin

Da cronista di strada a personaggio di culto

Così parlò di sé Weegee: «Certo, mi piacerebbe avere una vita regolare. Andare a casa e trovare la mia bella moglie, un pasto caldo e il mio bel bambino. Ma credo di avere della pellicola nel sangue. Amo questo lavoro. È eccitante. È pericoloso. È divertente. È tosto. Ti toglie il fiato. Ti distrugge. Ma lo amo».
La vita di fotografo di strada e appassionato di cronaca nera di Weegee, e la sua capacità di mettere a nudo i vizi e le virtù di una città come New York, nel periodo fra gli Anni Venti e Quaranta è degna di un romanzo noir di quei tempi. Ma non nello stile di Dashiell Hammett o di Raymond Chandler bensì in quello più corposo e violento di James Ellroy o di Mickey Spillane. Non a caso leggendo l'autobiografia Weegee su Weegee (20011, Contrasto Due) scopriamo nel dettaglio perché l'intrepido fotografo riuscì a sostenere per tutta la sua esistenza che «il delitto era il suo mestiere» («Murder is My Business» era infatti il suo motto) lui che con le sue immagini crude ispirò il film Naked City di Jules Dassin (1948) e la successiva omonima serie televisiva che prese proprio spunto dai suoi scatti. Weegee aveva un talento innato per racchiudere nelle sue immagini l'istante di un arresto, di una retata, del ritrovamento di un cadavere. James Ellroy si è ispirato in buona parte proprio al personaggio di Weegee per dare vita all'editor fotografo scandalistico Sid Hudgens che cura la testata Hush Hush (Zitti! Zitti!) in L.A. Confidential. Sicuramente più fedele al modello originario è stato il produttore e regista Robert Zemeckis che decise di camuffare l'intrepido reporter newyorkese dietro il personaggio fittizzio di Leon Bernstein (detto Bernzny), protagonista del film Occhio indiscreto di Howard Franklyn (1992). Nonostante il suo speciale occhio bisogna ammettere che non tutti la vedevano proprio come lui.
Nella New York degli gli anni '30 e '40 sono infatti ambientate le storie di un detective come Nero Wolfe inventato da Rex Stout, ma volontariamente né lui né il suo assistente Archie Goodwin e nemmeno il fido cuoco Fritz Brenner si trovano ad assistere a situazioni di degrado come quelle fotografate da Weegee. Ben più vicine alla realtà e alla cronaca nera di quel periodo sono le avventure di Mike Hammer costruite nel tempo da Mickey Spillane a partire da Io, la giuria (1947). Hammer è un duro che guarda davvero con occhi sinceri la New York che lo circonda. Una città piena di fango e cadaveri che ricorda a tratti la giungla di Guadalcanal dove il detective ha combattuto come marines durante la guerra.

Un luogo dove è difficile distinguere i poliziotti dai criminali perché in quelle strade gli uomini «hanno ben chiaro il potere di un'arma e provano l'osceno piacere della brutalità e della forza, l'inebriante dolcezza del delitto».

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