Ecco i magici tarocchi che svelano il presente

Ecco i magici tarocchi che svelano il presente

Nove carte più una. Domani si comincia. Prendi il mazzo, alza o bussa, e in questa lenta estate dove niente accade e tutto può accadere metti in gioco il tuo destino. Volta la carta e vedi cosa ti dicono i tarocchi. Non tarocchi qualunque, ma un po' speciali. Sono quelli del «Festival delle Storie», disegnati da Alessandra De Bernardis. Il giocatore, il cartografo, il viandante, il seduttore, il veggente, il costruttore, il fanciullo, il prigioniero, il tessitore. Chissà se siete mai stati in Valle di Comino, all'ombra di Montecassino, nell'enclave laziale del Parco Nazionale d'Abruzzo, una terra di mezzo, un crocevia? Probabilmente no. Qui ogni giorno per nove giorni, dal 23 al 31 agosto, si raccontano storie. È la valle delle storie. Ma la trama dei tarocchi non è solo un gioco. È anche lo specchio dell'Italia, di questa stagione, di questo tempo incerto che sembra non finire mai, dove il futuro è sempre anteriore. È un futuro smarrito, già passato, consumato. È per questo che servono le carte, per provare a vedere oltre e per capire chi sei.
Pensi a tutti quelli che in questo momento si stanno giocando l'ultima partita. Quelli che chiamano il piatto e dicono, o la va o la spacca. Non c'è solo Berlusconi. Non c'è solo Letta e neppure quel Renzi sempre in cerca di una buona occasione. C'è mister Thohir che scommette sulla pazza Inter. C'è un qualsiasi trentenne che vede il tempo scorrere e si giocherebbe la pensione (che tanto non avrà) per il primo e più misero lavoro precario. Ci sono tutti quelli che mandano avanti la propria bottega senza trovare credito. C'è il campionato che comincia, con il carico di sogni ed illusioni.
Nessuno più di un giocatore ha bisogno di un cartografo. Si può scommettere al buio o cercare una rotta. Pensateci. Da quanto tempo non abbiamo una mappa? Da quando navighiamo a vista? I cartografi servono a questo, a ridisegnare la mappa, quella perduta e dimenticata, quella vecchia, obsoleta, con tutta la polvere del Novecento che non riusciamo a togliere. È come giocare a carte senza saper immaginare le prossime mosse. È quello che ti racconta Paolo Maurensig nei suoi romanzi, l'infinita sfida tra l'io e l'infinito. Sono anni che cerchi cartografi. Per non restare nani ai piedi di giganti. Ogni tanto chiedo aiuto a uno degli ultimi che mi capita di incontrare. È uno storico. E si chiama Giovanni Orsina.
I cartografi hanno bisogno di chi consuma la polvere. È il passo del viandante che ti permette di disegnare le strade. Vecchi inviati speciali come Toni Capuozzo o Sahar Delijani, nata nella prigione di Evin, a Teheran, nel 1983, lo stesso anno in cui i suoi genitori furono arrestati a causa della loro lotta politica contro il regime islamico. L'albero dei fiori viola è la sua storia, quella di chi nasce viandante in fuga. Come la fuga di Luca Di Fulvio, che ha trovato fortuna all'estero, vendendo milioni di copie, soprattutto in Germania.
Nella loro strada i viandanti incontrano spesso seduttori, veggenti e prigionieri. La seduzione è donna, la seduzione è potere, è libri, è tv. È la seduzione di capipopolo come Grillo o di arringatori di talento come Travaglio, che al festival si racconterà. È la seduzione del Cav e del perché tanti continuano a seguirlo e una risposta la trovate anche in questo giornale e, se volete, in questa valle delle storie, dove Sallusti narrerà la ribellione contro chi ti vuole muto e prigioniero. Come altre prigioni. Quella del corpo che narra Rosella Postorino. Quella che ha la bellezza e il profilo di un'isola, come la Sardegna di Marcello Fois e Anna Maria Falchi. Quella degli eroi che piangono di Matteo Nucci, di Sergio Claudio Perroni o il canto delle sirene di Emanuele Coco. E poi cartografi e viandanti hanno bisogno di uno sguardo più lontano, di chi vede oltre, di chi immagina l'inimmaginabile. È lo sguardo visionario. Sono le carte del veggente. Qualcuno dice che è vestito di bianco, molti ci credono, altri no, di lui si sa che le prime parole da Papa furono: «Buonasera». Questa estate, e questa Italia, hanno bisogno di ritrovare lo sguardo del bambino, la terra, il cuore perduto. Forse è da lì che si ricomincia, quando sei stanco di tirare pugni, come fa Nino Benvenuti, parlando della sua Istria perduta. Mancano due carte. Carte solide, carte fatte della stessa sostanza dei sogni. Per uscire da questa lenta estate con qualcosa di vero chiedete aiuto al costruttore e al tessitore. Chiedete ai produttori e ai narratori.

Quelli che si inventano un lavoro o un'impresa, quelli che mettono su una storia, fissando basi e travi solide, come potrebbe raccontarvi Walter Siti in negativo, per opposizione, ai cattivi modelli del suo ultimo romanzo, o quelli che riparano le trame, ritessendo i fili persi del passato, come fa Marco Baliani, e tutti quelli che ancora hanno voglia di credere che le storie non sono solo frammenti di parole. E neppure la vita.
*Ideatore e direttore
del Festival delle Storie

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