"La Fallaci mi prese a pugni. Così diventai astronauta"

Da incursore in Libano alle missioni nello spazio. Paolo Nespoli racconta come decise di cambiare vita. Grazie a un incontro di boxe con Oriana...

Pubblichiamo per gentile concessione dell'editore Mondadori alcuni stralci del libro "Dall'alto i problemi sembrano più piccoli. Lezioni di vita imparate dallo Spazio", scritto dall'astronauta Paolo Nespoli. Il brano racconta dell'incontro del giovane Nespoli, allora incursore e membro della missione italiana in Libano, con la giornalista Oriana Fallaci. La Fallaci spinse Nespoli a inseguire il suo sogno spaziale e Nespoli ispirò alla scrittrice il personaggio di Angelo in "Insciallah".

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Con il brevetto ancora fresco sono stato man­dato a Beirut, in Liba­no, con il Contingente Italiano della Forza Multi­nazionale di Pace. [...] Co­sì mi sono trovato a fare il fotografo,l’accompagna­tore di giornalisti, la scor­ta ad Angioni e alle varie autorità che giungevano in continuazione e ogni tanto, mio malgrado, so­no stato coinvolto in azio­ni di intelligence. Mi so­no trovato faccia a faccia con miliziani ragazzini che ti puntavano addos­so kalashnikov e rocket­propelled grenade e che non avrebbero esitato un secondo a premere il gril­letto. Ho visto persone sventrate da trappole esplosive che stavano preparando, ho visto ra­gazze che per un bacio at­traversavano mezza città sfidando sevizie e morte a ogni checkpoint o croce­via. Un giorno, poi, è arri­vata Oriana Fallaci e Charlie-Charlie ( il capo dell’ufficio stampa e di in­telligence ndr ) me l’haaffidatadi­cendomi di accompagnarla dove voleva e di farle fare quello che vo­leva con l’unica condizione che l’avrei dovuta riportare intatta. Io, l’incursore-fotografo Paolo Nespoli ero diventato l’angelo cu­stode della scrittrice-giornalista che da bambino mi aveva fatto so­gnare di toccare la Luna. [...] Io, quasi 1 metro e 90 per 80 chi­li, lei una spanna abbondante in meno e neanche la metà di me. E mi stuzzicava, con i suoi bei guan­toni la metà dei miei, tirandomi pugni nel bel mezzo della faccia. «Ma tu, cosa vuoi fare da gran­de? » Non me lo aspettavo: «Mah, è complicato... e poi una profes­sione io già ce l’ho: sono incurso­re ».

Adesso mi lavorava ai fianchi: «Lo vedo che sei incursore, e ti vie­ne anche bene. Ma non ci vuole un genio a capire che questa non è la tua vocazione. Che cosa vuoi realmente fare per il resto della tua vita?».
Veramente non sapevo cosa ri­sponderle. Ma lei mi aveva già spinto in un angolo e col suo tipi­co modo di fare non mi lasciava muovere, sferrandomi colpi ogni volta che cercavo di sgusciare via.
«Be’,sì,c’era una cosa che mi affa­scinava da bambino e avrei volu­to fare da grande. Ma è solo un so­gno da bambino, una cosa irrea­lizzabile... Poi, credici o no, hai contribuito anche tu a rafforzare questa idea, questo sogno...».

Ha rallentato un attimo i colpi, giusto il tempo per farmi respira­re un po’, ma non molto, perché era chiaro che voleva arrivare in fondo a questa storia.
«Ebbene sì, come tanti bambi­ni del mio tempo, guardando gli astronauti sulla Luna, ho pensato che sarebbe stato bello saltellare come loro e fare derapate lunari. Poi ho letto il tuo libro ( Quel gior­no
sulla Luna ,
ndr) e la cosa si è rafforzata ancora di più. Ma chia­ramente è solo un sogno da bam­bino. Impossibile e irrealizzabile come tutti i sogni».
Attraverso le braccia, che ave­vo alzato a inutile protezione, la vedevo prendere fiato e racimola­re le forze per l’ultima bordata. Io mi difendevo invano: «Sì, ma or­mai ho quasi ventisette anni, non ho una laurea e non parlo inglese. L’unica cosa forse è la costituzio­ne sana. Insomma, ho uno solo dei tre requisiti di base richiesti, ed è il più facile!». Mi ha sferrato un colpo potente al plesso solare togliendomi il fiato e facendomi aprire le braccia. Poi, il colpo fina­le da sotto: un montante micidia­le che a tutta forza mi è arrivato sul mento sollevandomi letteral­mente di peso.

Questa era lei, la giornalista-scrittrice che usava con me le stesse tattiche con cui metteva al tappeto i potenti della Terra.
«E perché no? Sei giovane e ca­pace, e se questo è il tuo sogno de­vi crederci e darti da fare!».

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