Come tutti i giovani maschi dall'inizio dell'umanità fino a oggi, anche i giovani arabi hanno paura delle donne. Paura di quelle macchine castranti, paura di non essere all'altezza del loro appetito, che credono, e sperano, insaziabile. Intorno al Mediterraneo, la paura della femminilità si regola da sempre con una virilità esagerata, sovraccaricata, e nascondendo i richiami della sensualità femminile, capelli e caviglie, seno e fianchi, sotto vesti ampie, informi. Gli arabi delle nostre città reagiscono così. I più religiosi obbligano le sorelle a portare il velo. Gli altri esigono dalle ragazze che portino gli stessi loro vestiti, tuta e scarpe da tennis. Così, travestite da ragazzi, fanno meno paura. Se insistono a voler essere più femminili, a voler fare paura, a sfidare la loro virilità incerta e fragile, allora, per poterle desiderare, per essere sicuri di eccitarsi, applicano l'altro sistema maschile, il piano B dell'uomo fin dall' homo sapiens , il disprezzo manifesto, tanto più rabbioso e violento quanto più sia turbato e inquieto.
Solo la troia e la puttana possono stuzzicare il fragile desiderio maschile. Nelle società occidentali e cristiane, questa potenziale violenza si stemperava nel matrimonio e nel bordello. Nelle società musulmane tradizionali si racchiude nella religione e nella poligamia. La legge del padre, sacra, insegnata a bastonate, e l'amore materno, incondizionato. È un mondo che non ritrovano nei nostri paesi. Una reazione così maschilista qui da noi risulta sfalsata, fuori luogo rispetto a una società che condanna la messinscena machista, e dove sempre di più i giovani rifiutano o temono - o anche le due cose insieme - il conflitto, lo scontro, la violenza. Una volta, per esorcizzare la paura delle donne, gli uomini giocavano a fare il superuomo; oggi, imitano le donne.
È questa società che i giovani arabi rigettano. Il padre è stato operaio alla Renault o alla Michelin; poi è diventato un disoccupato che vive di carità pubblica; non appena questo padre svilito, umiliato tre volte in quanto arabo, ex colonizzato e operaio, mollava un ceffone ai figli, scattava l'intervento del vicinato, degli assistenti sociali e della giustizia, per bloccare la sua mano castigatrice.
La legge del padre veniva così sminuita, derisa, vietata. La madre, che nel paese d'origine ammirava ma anche temeva il marito, ha vissuto questa castrazione della potenza virile non come una liberazione, ma come una suprema umiliazione. La famiglia magrebina è esplosa. La legge del padre è stata calpestata. Adesso il padre è assente fisicamente - ha lasciato la sua famiglia per un'altra donna, un'altra vita, perfino un altro paese - o simbolicamente: svirilizzato dalla disoccupazione, ha rinunciato a imporre la sua legge di ferro, almeno ai figli. Anche i ragazzi provenienti dall'Africa nera conoscono la stessa mancanza di riferimenti paterni, ma per ragioni differenti, la poligamia e la moltiplicazione di quei nuclei familiari senza il padre che vengono pudicamente chiamati monogenitoriali. Coi padri inesistenti, e le madri che tirano avanti con gli aiuti sociali se non coi traffici dei figli, nessuno si occupa di fornire una struttura formativa a questi ragazzi che, disorientati, incapaci di scegliere tra due culture, vagano in quello che Emmanuel Todd chiama un « no man's land antropologico».
Secondo la sua teoria, la struttura familiare di un paese è il sostrato decisivo delle sue strutture economiche e politiche. La famiglia eterogenea inglese avrebbe ispirato il liberalismo e il sistema parlamentare; la famiglia egualitaria della pianura parigina sarebbe all'origine del culto francese dell'uguaglianza; la famiglia autoritaria tedesca sarebbe invece la fonte dei lunghi regimi autocratici imposti dalla Prussia. Se questa tesi, qui riassunta sommariamente, risultasse fondata, le trasformazioni familiari nei paesi occidentali - dal divorzio di massa ai nuclei monogenitoriali, fino all'omogenitorialità - provocheranno prima o poi degli tsunami politici e sociali.
In Francia, la rivolta delle banlieue nel novembre 2005 ne sarebbe un terrificante prodromo. Le bande di ragazzi sono un surrogato alla famiglia di un tempo. Vi regna la legge del clan, dei capibanda, il rapporto di forza, il fascino del denaro, l'ostentazione. Il sentimento affettivo di appartenenza riguarda il posto, il quartiere, la banda. Il linguaggio è ridotto all'osso, espressione del loro pensiero sommario. Volutamente sommario. Voluttuosamente sommario. Come un'ulteriore prova di virilità, visto che qualunque sottigliezza di pensiero e di espressione viene considerata prova manifesta di declino femminile. La società francese femminizzata, che non sopporta la violenza, l'autorità virile, li esorta a entrare nel suo morbido grembo. A integrarsi. Nel 1974, ai tempi della crisi petrolifera, le autorità francesi dovettero scegliere tra il rinvio nel paese d'origine di tutti coloro dei quali le fabbriche non avevano più bisogno e l'accoglienza degli stessi, imminenti disoccupati. Abbiamo scelto la soluzione umanitaria. La nostra società femminile non poteva sopportare la crudeltà di uno strappo. Abbiamo rifiutato la soluzione da uomini, quella che respinge chiunque venga percepito, anche inconsciamente, come rivale nella competizione per la conquista della donna. Abbiamo preferito la dolcezza di una soluzione femminile, l'accoglienza, l'integrazione. Questa parola è diventata magia, religione, esorcismo. Rimpiazzò il modello tradizionalmente francese dell'assimilazione. Rinunciare ad assimilare gli immigrati e i loro figli vuol dire rinunciare a imporre loro - virilmente - la nostra cultura. Di fronte a quest'ultima prova di debolezza, così femminile, i figli di quegli immigrati preferiranno riavvicinarsi alla legge del padre, trasfigurato, idealizzato, e vendicarlo. Con l'approvazione delle madri, per le quali i figli avrebbero rappresentato una vendetta. In base a questo, trasgrediranno disinvoltamente la legge francese, odiata matrigna. In questa società di ragazze, loro saranno uomini.
Vogliono fottersi la Francia. La Francia, questa donna, questa troia, questa puttana. Loro, gli uomini.
Bruciano, distruggono, sacrificano i simboli della sua dolce protezione materna, le scuole, i trasporti pubblici, i pompieri. Respingono a sassate gli unici uomini che la Francia gli manda contro per difendersi: i poliziotti. Gli odiati sbirri. Gli unici che ancora osano affrontarli in un combattimento da uomini. Uno scontro in cui è in gioco il predominio virile. Uno scontro che può solo essere all'ultimo sangue.
(Traduzione: Roberto Boy/Grandi & Associati)
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