Dimmi come scrivi e ti dirò chi sei. È questo lo spirito che ha ispirato gli studi grafologici, studi che ormai sono almeno bicentenari. E nel tempo le scuole grafologiche si sono moltiplicate (quelle pricipali sono tre), così come sono sempre di più le aziende che per assumere il proprio personale preferiscono avere anche una valutazione della scrittura. Insomma, se gli occhi non sono lo specchio dell'anima, magari lo è la penna, nelle sue peregrinazioni sul foglio bianco.
Perché se è vero che non si è ancora giunti a una valutazione univoca e «scientifica» della scrittura, sono molti a credere che i grafologi bravi ci azzecchino. Ecco che allora può essere interessante e diverte leggere il breve saggio di Candida Livatino I segreti della scrittura (Sperling&Kupfer, pagg. 174, euro 17). La Livatino racconta le basi delle tecniche grafologiche con particolare attenzione all'impostazione della «scuola italiana», quella fondata da Padre Girolamo Moretti, e fornisce al lettore le cognizioni di base per analizzare l'utilizzo dei margini, i calibri della scrittura e l'inclinazione. Insegna poi alcuni trucchetti utili a identificare i principali segni grafici che involontariamente finiamo per infilare nei nostri scarabocchi o nei nostri appunti.
Non bastasse, ci sono pagine e pagine di analisi di scrittura svolte su appunti di personaggi famosi come Piero Chiambretti o Ilary Blasi, oppure legati a eventi di cronaca nera, come Michele Misseri o Olindo Romano.
Il metodo funziona? Beh, ecco il giudizio di uno scettico che poi ha firmato la prefazione del libro, ovvero Mario Giordano: «Candida... s'è seduta davanti a me e mi ha porto la busta con l'esito della mia analisi grafologica. L'ho presa. L'ho aperta. Ho iniziato a leggere.
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