"L'amore è un format E con il mio romanzo lo adatto a ogni Paese"

Quell'attimo di felicità (da oggi in libreria) è un Personal international book: le ambientazioni cambiano in base ai lettori

"L'amore è un format E con il mio romanzo lo adatto a ogni Paese"

Federico Moccia, per il suo ultimo libro in uscita oggi, Quell'attimo di felicità (Mondadori, pagg. 372, euro 17), ha fatto una pensata da far invidia ai creativi anni Ottanta. I protagonisti della storia sono due amici di Roma Nord poco più che ventenni, Nicco e Ciccio, il primo con due lavori, il secondo con due ragazze. Incontrano due turiste americane, Ann e Raily, e le portano per una settimana a fare il tour della capitale, da Trastevere al Pantheon all'inevitabile storia d'amore. Cui seguono Napoli, Firenze e Venezia. Finché Ann scompare e i due partono per gli Stati Uniti sulle sue tracce. Sulla brochure estera del romanzo, in copertina una coppia in Vespa, richiamo a Vacanze romane (di cui suo padre Pipolo-Giuseppe Moccia, già fece il remake Innamorato pazzo con Celentano-Muti). Nell'interno il colpo di genio: l'ambientazione della seconda parte del libro dipenderà dal Paese di pubblicazione e cambierà ogni volta.

Cioè, in che senso?
«Tipo, prendi la scena della festa: in Grecia si ballerà il sirtaki e si mangerà il souvlaki, in Russia si berrà la vodka e si farà quel ballo lì dove stanno con le braccia incrociate, il ballo della steppa. Dà più calore e nel momento in cui tu leggi è più divertente, crea appartenenza».

Geniale. Ma poi le tocca cambiare tutto a ogni Paese.
«So già quali sono i blocchetti che devo cambiare insieme al traduttore. La storia rimane la stessa, cambiano i piatti, i paesini da cui provengono le straniere... Prenderemo paesi piccoli, mica Barcellona o Madrid. Così c'è il senso della scoperta».

Non ha trovato un nome a questa scoperta?
«Alla fine poi è il concetto di formattizzazione, come le trasmissioni tv che vengono ripetute nei vari Paesi. Un adattamento. Come lo potremmo chiamare? È un Personal International Book. Un libro che parla di te. Un Pib».

L'idea dell'italiano latin lover con la straniera non è nuova, invece.
«Ma da tanto non se ne parlava. Mi interessava tornarci, anche per un'indagine. Che combina l'italiano all'estero? È ancora romantico mentre gli inglesi sono ubriaconi e i tedeschi frettolosi nel fare l'amore? È ancora il più bravo a corteggiare?».

Lo è?
«Continuiamo a essere i migliori, anche se abbiamo perso un po' di smalto. Dobbiamo ricrearci l'immagine di ragazzo simpatico, sportivo, calciatore che vince ai Mondiali, che sa cantare le belle canzoni, ti fa la serenata, ti fa ridere e ti ascolta anche se non capisce la lingua. Un uomo pieno di attenzioni».

Fra Totò e Gigi Rizzi...
«Gigi Rizzi rimane l'uomo che ha conquistato la donna più amata al mondo, l'esploratore che ha piantato la bandierina. Può sembrare maschilista, ma allora la donna era vista più che mai come un continente da conquistare. Io lo intendo con simpatia. Nicco e Ciccio sono una nuova versione di Totò e Peppino alla scoperta della Grande Mela, però con Dragon nel telefonino che ti traduce le frasi».

E Ciccio, «il top del trash al volante della Tigra», le conquista tutte.
«Ogni volta a Piazza Navona o a Fontana di Trevi mi sorprendo: le straniere si accompagnano sempre a dei “bori”, dei cafoni. Mai ragazzi carini, eleganti. Alla fine è sempre il “boro” che la vince. Forse perché si agita di più».

Il contrario di Jep Gambardella. Altro che La grande bellezza.
«Quella è un'ottima rappresentazione di una Roma adulta, un respiro antico, le statue, le chiese, gli androni, i personaggi della Chiesa, il riflesso felliniano... Un giovane di tutto questo non s'accorge neanche. Alle statue si vuole appoggiare per baciare la ragazza. La passione ha il sopravvento sul capitello. La luna sui Fori è il ricordo di un paio di labbra. La Roma che racconto io è piena di passione, delusione, sofferenza come solo a vent'anni».
In autunno esce il film Universitari, con altri ventenni protagonisti. Alla fine è tornato ai giovani, il suo primo amore. Forse perché il romanzo sui trentenni,

L'uomo che non voleva amare, non ha venduto molto?
«Ha venduto 225mila copie. È stato ampiamente ripagato. Chi sceglie me ha sempre un risultato positivo. Eravamo abituati ad altre cifre: un milione e otto Tre metri sopra il cielo, uno e tre per Voglia di te. Ma le mode vanno e vengono perché nella società tutto cambia: ne rimangono 150mila che ti apprezzano fissi, a ogni libro. Però quando scelgo una storia non mi faccio condizionare, sennò non fai niente».

Ma a Ponte Milvio ci passa spesso?
«Abito lì vicino.

Vado a comprare il pane, al baretto dei cocomeri, ai negozietti dell'usato, a mangiare al Sicilia in Bocca».

E i lucchetti aumentano?
«A dispetto di chi non li vuole. Non puoi negare la forza dell'amore».

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