La Nota dell'editore preposta a «Il mio cuore è più stanco della mia voce» (Rizzoli), raccolta di conferenze tenute da Oriana Fallaci negli anni '70 e '80, contiene un interessante appunto datato 16 marzo 1983 ma ritrovato dopo la morte: è una disamina del suo rapporto con la fama. Scrive la Fallaci: «Io non sono la Giovanna d'Arco o l'Achille che alcuni, addirittura, vedono in me. Sono soltanto una persona che cerca... di vivere come vuole vivere: senza paura. O meglio, tentando di non cedere alla paura». La Fallaci si descrive come una persona «dura» ma non «una specie di guerriera o di santa». Il rifiuto del «divismo» che si è creato attorno a lei, si lega alla sensazione di essere stata fraintesa.
La sua passione per la libertà, scrive, non include «il caos e la licenza» perché «la libertà è un dovere». La sua indipendenza, poi, non è etichettabile perché esercitata «in modo non fazioso, e cioè denunciando il luridume della destra e della sinistra». Conclusione: «Non credo ai miti, meno che tutti, al mio».L'APPUNTO RITROVATO«Non sono una santa né una guerriera Non credo al mio mito»
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