Per gentile concessione dell'editore Gonnelli, pubblichiamo una lettera di Dino Campana contenuta nel volume a cura di Roberto Maini e Piero Scapecchi, L'avventura dei Canti Orfici, in libreria in questi giorni.
Gentile Signora,
le scrivo sperando che non abbia perduta la memoria di me come non l'ho perduta di loro. Ho molto viaggiato, le scrivo da un caffè di Bologna, né triste né lieto: quanto a dire che non ci sono cose nuove, né vecchie, nella mia vita.
Auguro desidero pace a me stesso, auguro e desidero il silenzio dell'anima in cui ci si può pensare e riposare. Tante cose inutilmente sofferte che si perpetuano come una maledizione ora sento che basta, che non sono tanto colpevole da meritarle. Mi scriva qualche cosa al mio paese. Anche lei si trova armonizzata al Mollar?*
Ecco come io sa ci ho troppo sofferto per desiderare di ritornarci, ma tante cose gentili da parte sua ora le risento con commozione.
Benché inutile, desidererei che l'amicizia continuasse, se lei crede che meriti il suo ricordo.
Cosa fanno Nora ed Ida? E a Rubiana come va? E a Torino? Come vi penso spesso!
Gentile signora pensi queste povere parole e mi creda suo dev.mo
Marradi (Firenze)
* «Mollar» è un termine di origine celtica che significa «altura, colle»
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