Per gentile concessione dell'editore Libellula Edizioni pubblichiamo un estratto del libro di Basilio Di Martino, Paolo Pozzato e Elvio Rotondo dal titolo "La zampata dell’orso. L’offensiva Brusilov nella Prima Guerra Mondiale".
Il centenario conclusosi da poco del Primo conflitto mondiale ha consentito di scoprire diversi nuovi materiali e a rileggere con occhi diversi quelli già noti. La prospettiva delle diverse storiografie è rimasta peraltro quella nazionale, perdendo così per lo più di vista le interrelazioni tra i diversi teatri bellici che componevano la guerra.
Tra la primavera e l’estate del 1916 la cosiddetta offensiva Brusilov, così chiamata dal nome del generale russo Aleksei Alekseevich Brusilov che ne fu il principale protagonista, rappresentò il momento più alto delle fortune dell’esercito zarista. Sembrò anzi sul punto di spostare sul fronte orientale l’inerzia di uno scontro che da Falkenhayn a Joffre e French, per non parlare del belga Wielemens, I principali capi militari – con l’eccezione di Conrad - erano e restavano dell’avviso dovesse decidersi sul fronte occidentale. Nei sui confronti tutti gli altri teatri di guerra, quello orientale non meno di quello italiano, dovevano essere funzionali e subordinati. In una guerra in cui le vittorie si misuravano per lo più in poche centinaia di metri, le armate zariste tra giugno ed agosto riuscirono ad avanzare di circa 120 km verso ovest.
La Bucovina, a sud della Galizia, venne liberata dalle truppe austro-ungariche mentre le perdite degli austriaci ammontarono a più di un milione e mezzo tra vittime, feriti e catturati. Brusilov aveva posto le basi di quella dottrina dell’azione in profondità che avrebbe poi fatto scuola nelle forze sovietiche. Per un momento sembrò che la sua offensive potesse decidere in modo del tutto inatteso le sorti della guerra, alleggerendo la spinta delle forze di Conrad sul fronte italiano e spingendo l’Austria-Ungheria sull’orlo del baratro. Solo il pronto intervento dell’alleato germanico e i fattori di debolezza intrinseca della Russia, duramente provata dalle disastrose sconfitte del 1914 e del 1915, fecero sì che anche questa offensiva, ristabilendo un precario equilibrio che si sarebbe definitivamente rotto nel 1917.
Il libro ripercorre gli eventi che dovevano comunque rappresentare una svolta nell’andamento della guerra che avrebbe drammaticamente coinvolto il nostro paese poco più di 12 mesi dopo con un ampio ricorso agli apporti della storiografia europea e di quella russa in particolare. Non trascura nel farlo gli apporti di un archivio, quello dello Stato Maggiore dell’esercito, purtroppo spesso trascurato se non completamente ignorato dai maggiori storici stranieri. Si avvale poi di un attento utilizzo delle fonti memorialistiche che restituiscono la visione “dal basso” di chi quegli avvenimenti li visse direttamente nelle trincee.
Il lungo saggio conclusivo sull’aviazione russa consente poi di cogliere da una lato l’importanza della dimensione tecnologica di una guerra troppo spesso “ridotta” ad un mero confronto di uomini, dall’altro di cogliere le contraddizioni di un approccio, quello zarista, capace di straordinarie realizzazioni progettuali e al contempo schiavo delle proprie arretratezze sul piano industriale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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