Da Loren a De Sica il gusto perduto della «Dolce vita»

Da Loren a De Sica il gusto perduto della «Dolce vita»

Avete presente i paparazzi, quelli che oggi passano le giornate a caccia di un bacio rubato o di un lembo di carne nuda del vip di turno? Beh, questa è tutta un’altra storia... Quella di Chiara Samugheo, l’80enne regina della macchina fotografica la quale, durante la stagione della Dolce vita, ha immortalato l’anima dei divi del cinema, da Monica Vitti a Sophia Loren, da Vittorio De Sica a Marcello Mastroianni. Una storia fatta di oltre 165mila scatti, i più significativi dei quali sono in mostra da oggi al 10 aprile nel prestigioso negozio-galleria Franz Kraler di Cortina con il titolo «A tu per tu con le stelle». Creare una contrapposizione dialettica tra l’immagine e l’effimero costruito intorno al corpo delle star del cinema; questo il segreto della Samugheo, una arzilla intellettuale che dal suo buen retiro di Nizza racconta: «Non amo la meccanica della macchina fotografica, la foto è qualcosa di naturale. Le dive hanno un’anima, facciamola vedere attraverso l’obiettivo. Il sex appeal è nello sguardo, non nel corpo. Oggi c’è tanta volgarità che non c’è più nulla di sexy. È triste vedere quei film dove simulano l’orgasmo pensando che sia una cosa eccitante; la sfida invece sta nel lasciar trasparire emozioni dalle foto».
E lei di emozioni ne ha immortalate, trasformando il corpo-oggetto delle dive in femminilità, puro istinto, comunicatività, insomma in fotogiornalismo. «Sono stata la prima donna fotografa. Ho cominciato nel ’53 quando nasceva un’Italia nuova. Le mie copertine hanno dato una mano a lanciare molte attrici: Sophia Loren mi chiedeva di pubblicizzarla, la Lollobrigida quando la fotografai le prime volte viveva in un appartamentino, poi acquistò la villa sull’Appia, Monica Vitti allora lavorava prevalentemente in teatro, ho avuto la fortuna di trovarmi a Roma in un momento in cui la vita mondana esplodeva e non passava notte senza che Fellini, De Sica, Gassman non inventassero qualcosa».
Ma non si diventa «fotografa ufficiale» della Dolce vita per caso. Infatti la Samugheo ha avuto come maestri il principe dei fotoreporter Federico Patellani e l’intellettuale Pasquale Prunas. «Da Bari, dove sono nata, andai a Milano e presi a frequentare Strehler. Volevo fare teatro, studiavo la voce di Cocteau, ma mi vergognavo ad apparire in pubblico. Però fra Milano e Roma frequentai personaggi come Buzzati, Montale, Quasimodo. Prunas aveva da poco fondato la rivista fotografica Le ore e mi chiese di collaborare con servizi di impegno sociale». Arrivarono così le immagini dei «tarantolati», delle baraccopoli di Napoli, degli zingari in carcere, «o il mio primo servizio a Predappio - ricorda lei - per incontrare la famiglia contadina di Mussolini, o ancora quello che feci al Quirinale al presidente Einaudi, senza dimenticare quelle alla corte dello Scia di Persia».
Insomma, un mondo lontano anni luce dal baillamme patinato del cinema e della vita notturno-mondana. «Qualcuno non ci crederà, ma mi mandarono casualmente alla Mostra del Cinema di Venezia per fare un paio di reportage sul tipo di gente che la frequentava, per fare un po’ di costume. In quell’occasione fotografai Maria Schell (sorella di Maximilian Schell e protagonista di Le notti bianche di Visconti con Mastroianni ndr) che finì sulla copertina di una rivista che andò esaurita. Da lì iniziai a proporre le immagini dei divi su diversi giornali, dall’Illustrazione Italiana a Epoca passando per L’Espresso».
Chiara Samugheo e le sue foto contribuiscono a rinnovare l’immagine del rotocalco (termine ormai desueto) e a svilupparne la duplice immagine, colta e popolare, «mitizzando anche il superfluo e irridendo alla realtà». Si può quindi capire se, senza falsa ipocrisia, prova nostalgia per i tempi andati ed è impietosa nel confronto con il presente: «Oggi conta soltanto il gossip, un tempo c’era il sano gusto del divertimento. E poi gli attori avevano personalità, mentre ora sono tutti uguali, sembrano fatti con lo stampino e non fanno più sognare.

Parte della colpa è della televisione che appiattisce tutto ed è volgare; insiste sulla violenza e su cose futili anziché promuovere la bellezza e la cultura. Con tutti i mezzi che ci sono oggi a disposizione le cose potrebbero essere davvero diverse. Li avessimo avuti noi...».

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