«L'ULTIMA PAROLA» E invece Kureishi tesse le lodi del melting pot

Un punto di vista molto diverso da quello di Tom Wolfe è espresso da Hanif Kureishi nel nuovo romanzo «L'ultima parola» (Bompiani, pagg. 302, euro 18). Uscito ieri in Italia in anteprima mondiale, il libro dello scrittore londinese di padre pachistano parte dal presupposto che la società multiculturale, per quanto provata dalla crisi economica, sia un dato di fatto dal quale non è possibile, né auspicabile, tornare indietro. La riflessione sull'immigrazione, strumentalizzata dai politici per impaurire i cittadini, occupa la prima pagina di un romanzo che percorre poi strade più intime (fino all'erotismo). Harry Johnson ha il compito di scrivere la biografia del grande romanziere indiano Mamoon Azam. Un uomo, come del resto Kureishi, dalla doppia identità: perfettamente integrato nella società occidentale ma non immemore delle proprie radici. Il rapporto fra i due, all'inizio difficile, restituirà vitalità all'artista ormai in declino.

Mentre Harry, spinto a scrivere una biografia-scandalo, finirà per licenziare un testo molto diverso, senza calunnie, senza «sodomia, alcolismo e anoressia». Nel mezzo tante memorabili figure di donne perché passione e sesso sono il motore del cambiamento.

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