Storia d'assalto

Le Malvinas di Reagan: una trappola per i Navy Seal

Durante l'invasione di Grenada, una squadra di Navy Seal rimase asserragliata nell'abitazione del governatore britannico posta sotto assedio da forze superiori in numero: un evento poco "pubblicizzato" dal Pentagono

Le Malvinas di Reagan: una trappola per i Navy Seal

Nel D-Day dell’invasione di Grenada, l'eccessiva operazione di “salvataggio” dei Seal americani per scongiurare il rischio - sulla carta - che l’isola dei Caraibi si tramutasse in un secondo hub sovietico sulla costa occidentale Usa, il governatore britannico sir Paul Scoon, considerato nei Caraibi come l'ultima autorità governativa legittima dopo il golpe che si era concluso con l’assassinio del primo ministro filo-comunista Bishop, venne svegliato dal rombo di una coppia di elicotteri Black Hawk che volteggiavano sul tetto della sua camera da letto.

Fu questione di una manciata di secondi. E mentre gli incursori del Team 6 (insieme a uomini della Cia e del Dipartimento di Stato) sbarcavano dagli elicotteri da trasporto tattico nel giardino della Government House, le forze del People's Revolutionary Army grenadino concentrarono il fuoco della contraerea e delle armi leggere sui due Black Hawk. Costringendoli a disimpegnarsi prima di sbarcare il comandante dell’unità, e di eguale o addirittura maggiore importanza, la radio satellitare necessaria a coordinarsi che il comando operazioni. Un colpo ben mirato aveva centrato la cabina di pilotaggio dell’elicottero strappando un pezzo di carne dalla coscia del pilota e danneggiando i controlli. Il copilota fu costretto a un atterraggio d’emergenza sul ponte della nave da sbarco Uss Guam, che intanto incrociava al largo dell’isola prima di dare inizio allo sbarco.

Nella villa stile liberty a tre piani, intanto, l’ufficiale più alto in grado che era rimasto aveva preso in mano al situazione, schierando i suoi uomini in posizione difensive in attesa che tornassero gli elicotteri per mettere in sicurezza il governatore, la sua famiglia e lo staff, e che recuperassero i due team di Seal. Secondo il piano, tutti dovevano entrare e uscire in meno di 45 minuti. Ma il piano era fallito. E in attesa di una via di fuga e in un piano di contingenza, i 22 Seal dovevano rispondere all’assedio di forze soverchianti e quanto mai agguerrite.

Tornato sull’isola, il comandante della squadra riuscì a mettersi in contatto con i suoi incursori tramite le radio individuali che funzionavano in un raggio più limitato. Ordinandogli di tenere le posizioni in attesa dell’esfiltrazione.

Nel frattempo armi antiaeree erano state sistemate sulle colline circostanti per accogliere una nuova ondata di elicotteri americani che nel frattempo spuntavano da ogni angolo dell’isola per sbarcare rangers e marines con contingente d’invasione. Urgent Fury, nome in codice dell'operazione, era iniziata. Quando i soldati grenadini ricevettero rinforzi su mezzi per il trasporto truppe corazzati e armati di mitragliatici pesanti, si mostrò decisamente necessario l’intervento di un qualche tipo di appoggio aereo. Appoggio che non poteva essere richiesto direttamente dagli apparati radio in loco. Un ponte radio con la Delta Force consentì l’intervento di una cannoniera volante Spectre che “spazzò” l’area circostante la villa con i suoi cannoncini Gatling. Ma non si rivelò sufficiente. Rinforzi invece non potevano essere inviati. Il comandante in capo delle operazioni, l’ammiraglio Metcalf, non era stato messo al correnti di questa operazione di salvataggio “segreta”: "Il salvataggio del governatore generale non era stato incluso in nessuna delle mie precedenti istruzioni”. Aggiungendo in un secondo momento che appariva “evidente, attraverso i colloqui con i rappresentanti del Dipartimento di Stato” e della Cia, che “il suo salvataggio era”- divenuto - "di fondamentale importanza”.

Un salvataggio troppo zelante per non nascondere un “segreto”

Lo zelo di questa missione di salvataggio - che si rivelerà un flop e vedrà i Navy Seal circondati e asserragliati senza la completa conoscenza dell’area circostante e delle forze avversarie in campo - era legata, più che all’incolumità del governatore britannico, alla sua firma su un documento top-secret.

Sebbene costretto ad un esilio ufficioso nella sua casa, mentre fuori l’isola era sull'orlo di una guerra civile, Sir Scoon non era ancora stato esposto ad alcun rischio reale (altrimenti Londra avrebbe ordinato un’incursione del suo Special Air Service, ndr). Il trio dell'intelligence inviato dal Pentagono insieme ai Seal, infatti, portava con sé una lettera da far firmare al governatore in cui si richiedeva formalmente da parte di quest'ultimo un intervento militare che all'ora dell'assedio era già in corso.

Il Team 6 in trappola

Gli incursori erano in trappola e dovevano essere salvati, non meno del governatore. Dopo ore a rispondere al fuoco nemico, due elicotteri d’attacco Ah-11 Cobra lanciati dalla Uss Guam piombarono sulla casa del governatore per fornire appoggio aereo e alleggerire la pressione dell’assedio. Uno venne immediatamente abbattuto. L’altro rimase a copertura dei piloti superstiti che vennero prelevati da un elicottero dei marines.

Al comando sembrava non essere rimasta altra scelta che inviare dei caccia bombardieri per bersagliare una base in prossimità della casa del governatore, un vecchio forte coloniale, e far sbarcare in prossimità dell’aerea un contingente di marines che avrebbe alleggerito la forza d’assedio convogliandola in prossimità della testa di ponte in via di assestamento.

Nel frattempo nella villa del governatore si vivevano scene paradossali. Sir Scoon, sua moglie e lo staff alternavano momenti di vita quotidiana, ricevendo telefonate di conforto, e riposo, sdraiati sul pavimento in solido mogano, o distesi regalmente su sontuosi divani, contornati da quadri e immagini della Regina Elisabetta. Tutto questo mentre gli incursori della Marina alleata erano schierati in giardino, lungo le mura perimetrali, e rispondevano al fuoco di fucileria con le pistole mitragliatrici Mp5 e fucili d’assalto M-16. Scaricatesi le batteria delle radio, il comandate dei Seal era ormai costretto a contattare il Pentagono con un telefono fisso, pagando le interurbane come un comune straniero in “vacanza” all’estero. Altre cannoniere volanti vennero inviate ad alleggerire la pressione più volte, ma i Seal restavano in trappola. L’oscurità portata dalla notte aveva avvolto il palazzetto del governatore e le munizioni iniziavano a scarseggiare. Bisognava resistere, serrare i denti e aspettare a tutti i costi la cavalleria.

E la cavalleria arrivò..

All'alba del 26 ottobre 1983, il governatore venne svegliato nuovamente da un frastuono non trascurabile. Questa volta erano quattro carri armati M-60 Patton e due compagnie di fucilieri dei marines che incontrando poca opposizione si attestavano intorno alla Government House e si ricollegavano con i Seal in attesa degli elicotteri che avrebbero evacuato 11 civili e 22 Seal. Nessuno degli incursori aveva riporta ferite gravi. Tutti i civili erano rimasti incolumi e Sir Scoon, una volta “tratto in salvo", aveva firmato la lettera recapitatagli dalla Cia dopo aver apportato una lieve modifica - senza troppa deferenza - ma concedendo in ogni caso il suo accordo per l’intervento che la stampa statunitense non attese a ribattezzare come “le Malvinas di Reagan”.

Allusione, per chi non fosse pratico, al bellicismo che la Lady di Ferro Margharet Tatcher aveva mostrato appena un anno prima per risolvere la vicenda delle Falkland con l'Argentina.

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