Cultura e Spettacoli

Manuale per cavarsela oltre le nuvole

Con il brevetto ancora fresco sono stato mandato a Beirut, in Libano, con il Contingente Italiano della Forza Multinazionale di Pace. \ Così mi sono trovato a fare il fotografo, l'accompagnatore di giornalisti, la scorta ad Angioni e alle varie autorità che giungevano in continuazione e ogni tanto, mio malgrado, sono stato coinvolto in azioni di intelligence. Mi sono trovato faccia a faccia con miliziani ragazzini che ti puntavano addosso kalashnikov e rocket-propelled grenade e che non avrebbero esitato un secondo a premere il grilletto. Ho visto persone sventrate da trappole esplosive che stavano preparando, ho visto ragazze che per un bacio attraversavano mezza città sfidando sevizie e morte a ogni checkpoint o crocevia. Un giorno, poi, è arrivata Oriana Fallaci e Charlie-Charlie (il capo dell'ufficio stampa e di intelligence ndr) me l'ha affidata dicendomi di accompagnarla dove voleva e di farle fare quello che voleva con l'unica condizione che l'avrei dovuta riportare intatta. Io, l'incursore-fotografo Paolo Nespoli ero diventato l'angelo custode della scrittrice-giornalista che da bambino mi aveva fatto sognare di toccare la Luna. \
Io, quasi 1 metro e 90 per 80 chili, lei una spanna abbondante in meno e neanche la metà di me. E mi stuzzicava, con i suoi bei guantoni la metà dei miei, tirandomi pugni nel bel mezzo della faccia. «Ma tu, cosa vuoi fare da grande?» Non me lo aspettavo: «Mah, è complicato... e poi una professione io già ce l'ho: sono incursore».
Adesso mi lavorava ai fianchi: «Lo vedo che sei incursore, e ti viene anche bene. Ma non ci vuole un genio a capire che questa non è la tua vocazione. Che cosa vuoi realmente fare per il resto della tua vita?».
Veramente non sapevo cosa risponderle. Ma lei mi aveva già spinto in un angolo e col suo tipico modo di fare non mi lasciava muovere, sferrandomi colpi ogni volta che cercavo di sgusciare via. «Be', sì, c'era una cosa che mi affascinava da bambino e avrei voluto fare da grande. Ma è solo un sogno da bambino, una cosa irrealizzabile... Poi, credici o no, hai contribuito anche tu a rafforzare questa idea, questo sogno...».
Ha rallentato un attimo i colpi, giusto il tempo per farmi respirare un po', ma non molto, perché era chiaro che voleva arrivare in fondo a questa storia.
«Ebbene sì, come tanti bambini del mio tempo, guardando gli astronauti sulla Luna, ho pensato che sarebbe stato bello saltellare come loro e fare derapate lunari. Poi ho letto il tuo libro (Quel giorno sulla Luna, ndr) e la cosa si è rafforzata ancora di più. Ma chiaramente è solo un sogno da bambino. Impossibile e irrealizzabile come tutti i sogni».
Attraverso le braccia, che avevo alzato a inutile protezione, la vedevo prendere fiato e racimolare le forze per l'ultima bordata. Io mi difendevo invano: «Sì, ma ormai ho quasi ventisette anni, non ho una laurea e non parlo inglese. L'unica cosa forse è la costituzione sana. Insomma, ho uno solo dei tre requisiti di base richiesti, ed è il più facile!». Mi ha sferrato un colpo potente al plesso solare togliendomi il fiato e facendomi aprire le braccia. Poi, il colpo finale da sotto: un montante micidiale che a tutta forza mi è arrivato sul mento sollevandomi letteralmente di peso. Questa era lei, la giornalista-scrittrice che usava con me le stesse tattiche con cui metteva al tappeto i potenti della Terra.


«E perché no? Sei giovane e capace, e se questo è il tuo sogno devi crederci e darti da fare!».

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