Cultura e Spettacoli

Le mille e una notte della «Torre nera»

Le mille e una notte della «Torre nera»

«È la madre di tutte le mie storie, il grande contenitore della mia opera. Inizia tutto da qui». Così Stephen King ha sempre definito la sua saga «La Torre Nera», composta a partire dal 1982 e che comprende L'ultimo cavaliere, La chiamata dei Tre, Terre desolate, La sfera del buio, I lupi del Calla, La canzone di Susannah, La Torre Nera.
Una saga davvero immortale, visto il recente successo di una miniserie a fumetti prodotta dalla Marvel Comics, scritta da Peter David e Robin Furt e illustrata da Jae Lee. E considerata anche l'imminente realizzazione da parte della Warner Bros di un film diretto da Ron Howard che vedrà nella parte di Roland Deschain l'attore Javier Bardem.
Quei sette «capitoli» fra loro collegati vengono ora riproposte da Sperling & Kupfer con una nuova veste grafica e con alcune appendici e postfazioni apportate negli anni da King. E l'occasione per rieditarle è l'uscita, oggi, di un ottavo «capitolo» della saga, La leggenda del vento (pagg. 384, euro 19,90), volume che secondo il maestro del brivido si può leggere indipendentemente dai precedenti volumi.
Nella «Torre Nera» sono confluiti elementi di diverso genere e King ha saputo orchestrare da par suo fantasy, western, fantascienza e horror, dando vita a un'opera intricata e singolare dove spesso sono stati reinseriti personaggi di altri suoi libri e dove l'autore ha persino collocato elementi della propria vita personale. Per sua ammissione alla base della storia ci sono alcuni poemi di Robert Browning e Thomas Stearns Eliot ma soprattutto Il Signore degli Anelli di Tolkien e un film come Il buono, il brutto, il cattivo di Sergio Leone. Quando King aveva diciannove anni, come spiega nell'introduzione a L'ultimo cavaliere, «Il Signore degli Anelli era popolarissimo e, sebbene non fossi riuscito ad andare a Woodstock (che rimpianto), credo di poter dire di essere stato un hippie, almeno a metà. Perlomeno, lo ero abbastanza da aver letto i libri di Tolkien ed essermene innamorato. I romanzi della Torre Nera, come la maggior parte delle saghe fantasy scritte da quelli della mia generazione, sono figli di quei libri».
Ma la lettura di quell'opera che tanto influenzò la generazione hippie americana negli anni '60 non fece subito scoccare la scintilla dell'immaginazione nella mente di King che rimase poi folgorato, nel 1970, da un altro capolavoro. «In una sala cinematografica quasi deserta, vidi un film diretto da Sergio Leone. Si intitolava Il buono, il brutto, il cattivo e prima ancora di essere arrivato a metà capii che quello che volevo scrivere era un romanzo che contenesse il senso della ricerca e la magia di Tolkien, ma avesse come scenario il West quasi assurdamente maestoso di Leone. Se avete visto questo bizzarro western solo sullo schermo del vostro televisore non potete capire di che cosa stia parlando... vi supplico di perdonarmi ma è la verità».
Nacque così dopo quella visione la storia di Roland, l'ultimo sopravvissuto della stirpe dei pistoleri (gunslingers) che si muove in un mondo da dopo-bomba o post-apocalittico, retto da un regime feudale e dove qua e là affiorano le vestigia abbandonate di un precedente splendore. Un mondo selvaggio che ricorda molto il classico Far West con i suoi sconfinati territori e le sue città fantasma. Un posto dove Roland Deschain di Gilead si aggira armato delle sue colt, con un cappello da cowboy calcato in testa e uno spolverino come quelli che siamo abituati a vedere indossati dai membri del Mucchio selvaggio di Butch Cassidy. Roland è alla ricerca di un monumento leggendario, la Torre Nera, che si sostiene costituisca la porta fra vari universi.
Di episodio in episodio gli incontri e gli scontri si susseguono nel Medio-Mondo (luogo attiguo al nostro mondo e che spesso vi si sovrappone), una terra «molto antica che sta andando in rovina, popolata di mostri e insidiata da magie fallaci». La vita di Roland è stata segnata da una terribile maledizione. Ha ucciso sua madre e questa colpa non ha mai cessato di tormentarlo.
Ed è proprio il passato a tornare a perseguitarlo fra le pagine de La leggenda del vento mentre una terribile tempesta sembra devastare il territorio.

Uno starkblast di proporzioni inimmaginabili che costringe Roland a ripararsi in un villaggio abbandonato assieme ai suoi compagni di viaggio e a cercare di ingannare il tempo raccontando loro alcune storie tratte dal «Magico Libro di Eld», favole nere che sua madre gli leggeva per farlo addormentare.

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