Kawakami Hiromi non ha grande stima per l'amore. Lo si era capito da La cartella del professore (Einaudi, 2011), in cui il legame fra la protagonista Tsukiko e il prof del titolo, il quale ha grosso modo il doppio dei suoi anni, assume i connotati di un ritorno alle infatuazioni adolescenziali. «L'amore cresce perché lo nutri», dice a Tsukiko una saggia zia. Tutto qui.
Ora, in Le donne del signor Nakano (ancora Einaudi, pagg. 228, euro 19, traduzione - come sempre efficacissima - di Antonietta Pastore), lo conferma. «A forza di analizzare l'amore, ci si ritrova in un mondo vuoto», pensa un'altra trentenne, Hitomi, la voce narrante, delusa dalla liaison a singhiozzo con il collega Takeo, un farlocco che ha paura del sesso e delle persone in generale. E ancora: «quello che è complicato in amore, è capire se si ha voglia di essere innamorati o no». E Masayo, sorella del titolare del negozio di roba usata in cui lavorano i due giovani, cioè il signor Nakano, quando Hitomi le chiede «Come si fa, per parlare con un ragazzo senza sentirsi imbarazzata?», risponde: «Be', basta che vada a letto con lui, vedrà che poi si sentirà a suo agio». Del resto Masayo ha passato i cinquanta, non può permettersi di farsi altre illusioni...
L'amore fra Hitomi e Takeo è soltanto un vettore narrativo di questo bel romanzo in cui la giapponesità della scrittura, cioè l'attenzione per i particolari, l'aura di fatalismo, lo scorrere pigro delle stagioni, i pranzetti improvvisati nel retrobottega (l'autrice è... una buona bacchetta, lo aveva dimostrato anche in La cartella del professore), permea gli incroci affettivi. Nakano e l'amante Sakiko, Masayo e l'attempato compagno Maruyama, i vari clienti e i loro oggetti transizionali dai quali faticano a distaccarsi... Ognuno ha qualcosa da dare e poco da prendere. Ognuno, in fondo, è da solo a combattere con la dittatura delle abitudini. E ognuno, in un modo o nell'altro, volendolo o per cause di forza maggiore, taglia il cordone ombelicale che rischia di soffocarlo.
Hitomi è carina, ma non è la classica giapponese cerimoniosa in tema di tè o di altro. In lei la consapevolezza tipica della donna occidentale si sposa all'ipersensibilità di quella orientale.
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