Non cè autore che abbia influenzato di più limmaginario del Divin Marchese, non se ne può fare a meno e non possiamo non dirci sadiani. Tanto citato quanto poco letto, per lui il tempo non passa, linterdizione resta viva, lattrazione viscerale, e prima o poi tutti ne restano affascinati, Justine o non Justine. Non sempre con felicissimi risultati imitativi, perché come tutti i geni solo Sade può essere Sade. La letteratura francese libertina in lui ha pescato a piene mani per due secoli, nel bene e nel male, fino ai surrealisti e oltre; Pasolini ne ha tratto una brutta metafora, travasando un capolavoro come Le 120 giornate di Sodoma in una minestrina antifascista; Carmelo Bene si è sforzato di incorporarlo in S.A.D.E., mentre nellimmaginario popolare resta il copywriter del sadismo e del BDSM, fruste e corde o costumi più moderni di latex e cerniere che Sade non ha mai visto, anche perché è stato lunico moderno a non poter essere sadico.
Tra le innumerevoli opere a lui ispirate, la più recente si intitola Lultimo cranio del marchese di Sade (Fazi Editore), che è anche lultimo libro pubblicato dallo svizzero Jacques Chessex, morto nel 2009, e inizia proprio con la morte del marchese, rinchiuso nel manicomio di Charenton, anno 1814. Unoperina simpatica e vivace che invece ha scandalizzato terribilmente la Svizzera, a tal punto da vietarne la lettura ai minori per la descrizione delle pratiche sessuali tra il genio moribondo e la sedicenne Madeleine Leclerc, sua giovane amante, vittima e torturatrice. Aneddoti del resto verosimili, dove si fa ampio uso di spilloni e godomichés di varie fogge e misure («che la coppia intagliava e adattava alle proporzioni e alle esigenze sempre più forsennate del marchese»), in quanto è nota «la fantastica somiglianza tra luomo e la sua leggenda». Il tutto avviene alla presenza di un medico, il dottor Doucet, a cui Sade chiede ripetutamente di impedire lautopsia sul proprio corpo, pregandolo di fare in modo che nessuna croce o segno religioso siano posti sulla sua tomba. Del suo paziente illustre, famigerato e ormai agonizzante, Doucet potrà dire che «il signor Sade non è un apostolo. Non ha né una missione né un messaggio. Quanto alla precisione del suo linguaggio, ne conosco di gente, e meno autorevole, che potrebbe invidiargli il dono di convincere. Il signor Sade parla, i muri crollano, le serrature e le inferriate cedono, la libertà spunta dalle fosse».
Tra romanzo e saggio, biografia e leggenda, secondo un pastiche di generi molto francese, quella narrata da Chessex è soprattutto la strana storia del cranio di Donatien Alphonse François, inteso proprio come teschio, reliquia e «involucro della mente più acuta e più libera del suo secolo». Così può capitare di frugare in un mercatino di anticaglie, il 12 settembre del 1872, e trovare uninquietante reliquia, chissà se vera, il cui cartellino dichiara: «cranio autentico di D.A.F. marchese di Sade signore di La Coste e di Saumane riveritelo». Un cranio magico, addirittura luminescente, per alcuni maledetto, «una Vanitas ironica, tenace, attaccata al suo osso arrotondato, alle sue orbite infossate e al riso della sua mascella rovinata», che appare e scompare in vari luoghi e di decennio in decennio, tra realtà e leggenda, spesso come un Santo Graal al contrario, capace di trasformare chiunque in un libertino sadiano, o addirittura di donare la vita eterna.
O quantomeno di curare limpotenza di tal Jules-Henri Lapoujade, il quale avrà lidea di staccare un pezzo di mascella, sbriciolarla fino a farne una polvere e berla dopo averla mescolata in una tazza di cioccolata.
Nell«Ultimo cranio del marchese di Sade» la nobiltà del male
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