LE NOVITÀ

A che gioco giochiamo, Steiner? Eravamo corsi a rotta di collo in libreria, attratti dal miraggio di un titolo gozzaniano, I libri che non ho scritto (Garzanti). In effetti da tempo non ne potevamo più di libri scritti, era giunto il momento di prendersi una vacanza. Sentivamo proprio il bisogno di un bicchierino di assenza, di una polpetta di rimpianto, di un panino invisibile imbottito con una fetta di privazione.
E all’inizio, in effetti, lei ha mantenuto la promessa. Come prima rosa che non colse, un’intervista mancata al più grande sinologo di tutti i tempi, Joseph Needham, irritato a bella posta con una domanda che un carrettiere avrebbe trovato ingiuriosa. Più o meno: mi scusi, professor Needham, prima di cominciare vorrei chiederle una cosa, lei è un bugiardo matricolato, vero? Ma noi non siamo allocchi, caro Steiner: lei, in realtà, stava già pensando alla fabbricazione del libro che non voleva scrivere. E che adesso finalmente posa, in tutta la sua frizzante antimateria, sulla nostra scrivania.
Anche nel saggio successivo, «Invidia», tutto fila liscio: lei vi convoca il nostro povero Cecco d’Ascoli, un disgraziato finito sul rogo per un flirt di troppo con l’eresia, solo allo scopo di darcene l’immagine in negativo. Lei sostiene che Cecco è solo un Dante dimidiato, la scimmia del grande fiorentino. L’invidioso Cecco, secondo lei, resterebbe eternamente al di qua del solco che lo separa dall’Alighieri, proprio come Gozzano rimase eternamente al di qua delle sbarre che lo separavano dalla più celebre cocotte della letteratura italiana.
E allora perché, egregio Steiner, nel terzo saggio («Le lingue di Eros») si mette d’un tratto a darci dentro come il più cochon dei mandrilli, o il più mandrillo dei cochon? Non se ne fa scappare una, di rosa. Altro che coglierle: le strappa con tutte le radici. La sua vita sessuale, per noi, adesso non ha più segreti. Siamo stati informati finanche della misteriosa signora che nel momento clou della passione, invece di gemere, mormora «Sankt Nepomuk minore...», alludendo ad un «oscuro personaggio del calendario ecclesiastico, un sant’uomo del primo medioevo che ha il suo sacrario in un angolo sperduto nei pressi del confine del Tirolo». In questo non c’è niente di male, naturalmente: c’è chi mette a nudo il proprio cuore e chi mette a nudo qualcos’altro. Non fosse che a sud del Tirolo, da qualche settimana, sta montando l’odio per i cosiddetti baroni.

Lei si rende conto dei rischi che fa correre ai colleghi italiani, soffermandosi sulle sue imprese dongiovannesche? Così getta discredito sull’intera categoria. Pare che alla Gelmini stiano già appannandosi gli occhiali. Vedrà, Steiner: a causa dei libri che lei non avrebbe scritto, limitandosi a pubblicarli, un bel po’ di accademici non potranno più scrivere un tubo.

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