Lei ha assolutamente ragione nell'affermare che un poeta, quando concepisce un'opera, quando lavora, non deve pensare alla comunità. Nondimeno, egli vive comunque in un rapporto ben preciso con la comunità, come per esempio il cuore - oppure, se più Le piace, come la testa - con il resto del corpo, e di tutto ciò Lei rappresenta la riprova migliore: non è stata forse la comunità, in questi ultimi anni, a fare di Lei, proprio Lei che la rifiuta, la sua testa, il suo cuore? Ai concetti di «nazione» e «umanità», dunque, neppure Lei si sottrae, ancorché tali concetti Le possano apparire così sospetti.
E tanto poco vi si sottrae, quanto poco Le è dato di sottrarsi a Dio. È Lei, d'altronde, ad ammettere di essere stato intessuto nelle sue trame. (...) La collettività ha un orecchio finissimo per le parole di colui al quale desidera prestare ascolto, anzi deve prestare ascolto, e capisce perfettamente chi il suo ascolto non merita. Ma esige altresì che i suoi veri poeti le parlino, e mentre Lei ancora crede di rivolgersi a sé stesso, è da lunga pezza ormai che si sta rivolgendo alla collettività.
Sarebbe tempo che Lei parlasse anche alla nazione, non già alla nazione intesa nel senso corrente, con l'accento sul potere politico, bensì nell'alto senso spirituale cui Hofmannsthal ha dato forma. Non si diffonda in monologhi che comunque si possono udire, rompa gli indugi e si rivolga agli altri, in quei grandi dialoghi sui quali si fonda ogni vera poesia, ogni vera religiosità, ogni vero spirito.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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