Péguy e la resurrezione carnale di Gesù

Non è solo l’uomo a profittare dell’avventura umana di Gesù, ma Dio stesso, al quale è piaciuto, nel senso stretto del termine, farsi uomo e salvare la sua più mirabile creazione

Péguy e la resurrezione carnale di Gesù

Il pensiero di Cristo. La logica dell’incarnazione redentrice secondo Charles Péguy, libro scritto da Agostino Molteni (Edizioni Cantagalli, settembre 2021) vuole offrire una ricapitolazione del pensiero di Péguy per il quale l’avvenimento di Cristo va osservato con occhi non abituati, sfrondato da ogni orpello intellettuale e clericale. Non un Dio “caduto” accidentalmente o solo provvidenzialmente dal cielo, ma la manifestazione di un pensiero (“abbiamo il pensiero di Cristo”: 1 Cor 2, 16), un pensiero è poi la “pietra scartata” dai cristiani, non solo moderni.

In tal senso, il poeta ha tentato (osato si potrebbe dire) di rielaborare a suo modo, seguendo il metodo che gli aveva insegnato Bergson - filosofo amico a lui così caro -, lo stesso pensiero, la stessa logica con la quale Gesù ha pensato terrenalmente a come assumere una carne d’uomo e a come salvare “i suoi” (Giovanni 1, 11). Una rielaborazione, specifica Molteni, che Péguy non realizza grazie alla teologia o ai discorsi dei sacerdoti del suo tempo, che egli rifugge, ma usando una cassetta degli attrezzi affatto semplice e artigianale, il suo catechismo bambino e la liturgia della messa domenicale, alla quale può attingere qualsiasi cristiano di parrocchia (come egli si considerava). Materiali ai quali lo scrittore associa il suo peculiare socialismo, nutrito da Giovanna d’Arco, Corneille, Victor Hugo, Bergson e dal pensiero ebraico.

Un’esperienza, quella del vissuto socialista, che egli non ha mai rinnegato, dal momento che ha ritrovato la sua fede cristiana, come spiegherà, “sullo stesso cammino” che aveva percorso fino a quel momento. Il cristianesimo, meglio Gesù, era la realizzazione compiuta di quel vissuto.

Un compimento che però tutto cambiava. Da allora, infatti, Péguy ha iniziato a “scrivere cristiano”, cioè a tentare di raccontare, di fare la “cronaca” come spiega il poeta, di come Gesù, per salvare gli uomini, abbia pensato i ministeri e l’opera dell’“incarnamento” (come egli definisce, con parola stupenda, l’incarnazione).

E nel guardare con occhi nuovi, non abituati, l’avventura umana di Gesù, Péguy si sorprende a scoprire che l’operazione della salvezza non è una semplice dinamica di oblazione, il sacrificio salvifico di un Dio pure infinitamente misericordioso, ma qualcosa di ancora più affascinante e commovente.

Infatti, non è solo l’uomo a profittare dell’avventura umana di Gesù, ma Dio stesso, al quale è piaciuto, nel senso stretto del termine, farsi uomo e salvare la sua più mirabile creazione. Così nell’incarnazione, o nell’incarnamento per usare la parola del poeta, così nella sua vita carnale e terrena, insieme a sua Madre e ai suoi amici; così anche, in maniera ancor più mirabile, sulla croce.

Tutta la vita di Gesù è stata per lui un guadagno. E se l’uomo ha guadagnato la salvezza, Dio stesso ci ha guadagnato, perché ha potuto sperimentare cosa vuol dire essere uomo, altrimenti “sarebbe rimasto solo Dio”. E tanto gli è piaciuto il suo corpo carnale che, resuscitando, Gesù l’ha portato in cielo, alla destra del Padre. E tanto gli è piaciuta l’amicizia con gli uomini che li ha redenti, rendendo “amici” di Dio quanti erano “schiavi”.

L’uomo, la “pecora perduta” che si fa incontrare da Gesù, è la felicità di Dio, perché lo salva dal fallimento della sua economia salvifica, iniziata con la creazione.

Péguy, entrando nel pensiero di Gesù, vuole solo dare voce alla sua logica salvifica, osservare come accade “il mistero e l’operazione della grazia”, nutrendosi anche della “grande grazia del pensiero ebraico” (da ricordare che Péguy difese Dreyfus).

Una fede cristiana semplice ed essenziale quella del poeta, che non si oppone a nulla e a nessuno, potendo anzi partecipare in tutto e per tutto alle vicende del mondo e abitare le sue tante città, che sono degli uomini perché di Dio.

Missionario della Fraternitá San Carlo Borromeo, da oltre trent’anni in Brasile e in Cile, padre Molteni è professore di teologia all’Universidad Católica de la Santísima Concepción (Cile) e il volume citato è una sintesi della sua tesi di dottorato in teologia, scritta al compimento degli studi presso l’Università Pontificia di Salamanca.

Una sintesi rielaborata dopo anni di continuata lettura del poeta francese, al quale l’autore è rimasto legato da un legame indissolubile proprio perché, ai suoi occhi, Péguy appare l’unico autore cristiano che possa ancora parlare di Gesù alle persone del nostro tempo, a noi che ci gloriamo di essere moderni, ma che siamo solo i primi uomini “dopo Gesù senza Gesù”.

Però, il Dio di Gesù non é

un Dio che si abitua a questa situazione e il “vecchio tronco della grazia farà germogliare ancora una volta alcune gemme, alcune foglie: il vecchio tronco della grazia lavorerà. La grazia è astuta e imprevedibile”.

Il pensiero di Cristo

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