Cultura e Spettacoli

Parla il Grande fratello di John Fitzgerald Kennedy

Negli Usa esce il libro che raccoglie le registrazioni segrete nello Studio Ovale ai tempi del presidente ucciso a Dallas

Parla il Grande fratello di John Fitzgerald Kennedy

da New York

Sono le registrazioni talmente riservate e segrete che nessuno dell'amministrazione Kennedy ne era a conoscenza e vengono pubblicate 50 anni dopo in un libro, Listening In: The secret White House recording of John Kennedy, uscito ieri nelle librerie americane, curato da un giovane storico, Ted Wilmer. Queste 265 ore di telefonate e meeting ad altissimo livello nella Studio Ovale e nel «Cabinet room», registrate da Robert Bouck, responsabile del servizio segreto alla Casa Bianca, sarebbero servite soltanto come appunti e annotazioni per un libro di memorie. E non come accade nella nostra Italietta, dove le registrazioni segrete o presunte tali vengono spiattellate per infangare e ricattare il potente di turno o il nemico del proprio partito o della fazione avversa...

Nessuno era a conoscenza di queste registrazioni. Due anni fa una serie di enormi bobine furono ritrovate dal professor Wilmer nel museo presidenziale dedicato a JFK nella sua Boston. Le telefonate registrate in tutto sono appena 17 ore e 30 minuti, ma a essere «intercettati» sono personaggi storici di prima grandezza, come Krusciov, sia prima che dopo la crisi dei missili a Cuba. L'ex presidente Eisenhower è uno dei più chiamati da Kennedy, proprio durante il braccio di ferro con l'Urss sui missili piazzati a Cuba, perché cerca consigli e suggerimenti su come comportarsi con l'odiato Krusciov. «Non dobbiamo minacciare di invadere Cuba, non dobbiamo comportarci come un invasore ma come delle vittime», ricordava Eisenhower al giovane presidente democratico. L'altro presidente Truman, Kennedy invece soleva consultarlo su questioni di politica interna e di partito. E in una di queste conversazioni l'ex presidente che guidò l'America dal 1945 al 1952 fa a Kennedy rivelazioni assai personali e a sfondo esplicitamente sessuale: «Non riesco a soddisfare mia moglie...».

Delusi gli storici e i giornalisti a caccia di gossip, di nuove amanti del presidente Kennedy e di sue avventure extra matrimoniali: nelle 265 ore di telefonate e conversazioni si parla soltanto di politica estera, del movimento per i diritti civili che si sta diffondendo in tutto il sud grazie all'attivismo non violento del reverendo Martin Luther King. Tanti i meeting registrati nel «Cabinet room», dove si discute sulle strategie militari da intraprendere in Vietnam, con l'amministrazione Kennedy spaccata in due sul da farsi. Da una parte il segretario alla difesa Robert McNamara, il «falco», che vuole colpire duro e bombardare Hanoi per piegare la resistenza del governo comunista del Vietnam del Nord. Dall'altra, le «colombe» di Harward, i due consiglieri più ascoltati di Kennedy, Arthur Schlesinger e Ted Sorensen, che suggeriscono un colpo di stato a Saigon per rimpiazzare l'allora presidente Dien, incapace e corrotto.
Soltanto la segretaria personale del presidente Kennedy, Evelyn Lincoln, e il capo dei servizi segreti Bouck erano a conoscenza di questo sistema piuttosto complesso per registrare telefonate e meeting. Fu Bouck a provvedere, nel luglio 1962, a installare dei microfoni nella Studio Ovale e nel «Cabinet room», mentre la stanza blindata e off limit che raccoglieva tutte le registrazioni in enormi bobine era in una cantina sotterranea della Casa Bianca. Il presidente Kennedy aveva un pulsante, sotto la sua scrivania della Studio Ovale: gli bastava pigiarlo per registrare telefonate e incontri. Nel «Cabinet room» invece i microfoni erano quattro, tutti nascosti dietro le tende e in un coffé table al centro delle poltrone. Il presidente aveva il suo tavolo personale e sotto il cassetto c'era il pulsante per azionare le registrazioni, dove sovente si ascoltano anche le voci della piccola Caroline e del baby John John che venivano a giocare con il papà, il quale in alcune circostanze li accoglieva proprio mentre stava conversando con i leader del Congresso e del Senato.
Fra le tante registrazioni ce n'è una dell'ottobre '63 con il generale MacArthur, dove Kennedy chiede informazioni su uno dei possibili candidati repubblicani alla Casa Bianca. Il presidente si informava del governatore repubblicano del Michigan, George W. Romney, padre dell'attuale candidato repubblicano Mitt Romney. L'allora governatore del Michigan aveva iniziato a far campagna elettorale per la nomination repubblicana, ma MacArthur rassicurava così Kennedy: «Non si preoccupi, Romney non vincerà mai la nomination repubblicana, fuori dal Michigan non è amato». Forse perché George, come il figlio Mitt, era mormone. Il generale a 5 stelle ebbe ragione: papà Romney non riuscì a vincere la nomination repubblicana.

Cosa che invece 50 anni dopo è riuscita a suo figlio Mitt.

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