Cultura e Spettacoli

Quando Bernanos dichiarò guerra ai tecnocrati (e ai loro robot...)

G eorges Bernanos incarnava il «cristianesimo robusto del Medio Evo», come scrisse il collega e compatriota Pierre Drieu La Rochelle. In effetti la sua entrata in scena fu l'arresto, appena ventenne, dopo tafferugli con la polizia per difendere la memoria di Giovanna d'Arco offesa da un professore universitario. Ma se rimase sempre fedele alla santa guerriera, Bernanos si allontanò dalla destra francese devota come lui alla pulzella d'Orléans.
Dopo aver visto con i suoi occhi la ferocia della guerra civile spagnola, soprattutto quella dei franchisti, ancor più grave perché giustificata nel nome della cristianità, la distanza dal nazifascismo la volle anche geografica: nel 1938 attraversò l'Atlantico per fare l'esule in Sud America. E alla fine della guerra, sconfitto Hitler, la vera lotta era contro il tecnocratico «impero economico universale». La rivoluzione della libertà (Cantagalli editore, pagg. 200, euro 15,50, traduzione e prefazione di Andrea Bellantone) raccoglie inediti del periodo 1942-1945 e il pamphlet La Francia contro i robot scritto durante il soggiorno brasiliano del '44.
C'è foga da predicatore medioevale in queste testimonianze, ma lo spirito è libertario, non reazionario. Ai suoi connazionali, ricordava l'orgoglio di rappresentare il vero popolo rivoluzionario, e rivoluzione era per lui «parola religiosa». Quella che invocava doveva farsi «contro il sistema attuale tutto intero», contro «un mondo conquistato dalla tecnica» e «perso per la libertà». Dietro gli uomini politici Bernanos vedeva «i padroni della speculazione universale, i capi dei grandi trust internazionali, i controllori dei mercati». Loro volevano l'uomo ridotto ad «animale economico, non solo lo schiavo ma l'oggetto, la materia quasi inerte, irresponsabile, del determinismo economico». Un «Moloch tecnico», copriva «le sue innumerevoli usurpazioni con il vocabolario liberale» e trasformava gli uomini in robot. In virtù del suo profondo cristianesimo, Bernanos sapeva che «l'uomo non ha contatto con la sua anima se non grazie a una vita interiore e notava che «nella civiltà delle macchine la vita interiore prende poco a poco un carattere anormale. Per milioni di imbecilli, essa non è che un sinonimo volgare della vita subcosciente». Francesi ed europei potevano anche fregarsene della vita interiore, «ma è proprio in essa e attraverso di essa che si sono trasmessi fino a noi quei valori indispensabili senza i quali la libertà non sarebbe che una semplice parola». Né uomo di sinistra, né di destra, ma semplicemente «un cristiano», come lui stesso si definiva, si faceva profeta di una vera «rivoluzione spirituale», di una «nuova esplosione del Cristianesimo».
Non c'è comunque dubbio che il medioevale, l'inattuale Bernanos diventi di stretta attualità e nostro contemporaneo quando ammonisce di non affidare la libertà «ai meccanici ai tecnici, agli accordatori, che vi assicurano che essa ha bisogno di una messa a punto, che la vogliono smontare.

La smonteranno fino all'ultimo pezzo e non la rimonteranno mai!».

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