L'uscita di Alto come un vaso di gerani (Mondadori, pagg. 136, euro 16) di Giacomo Poretti, ossia il trentatré virgola tre periodico percento del più famoso trio comico italiano, suggerisce qualche pensiero. Qualche anno fa andavano di moda i libri scritti dai comici che andavano per la maggiore. Alla gente piaceva ridere e i libri di questi comici erano, diciamo così, una specie prolungamento delle risate prodotte dagli spettacoli o dalle apparizioni televisive. Nel senso che erano libri comici, scritti per far ridere. Questi libri scalavano le classifiche di vendita, e ciò è naturale.
Non tutti i comici obbedivano però a questo piacevole diktat. Ricordo, per esempio, Gene Gnocchi, che scrisse un libro di racconti molto seri. Già qualche anno fa, insomma, quando in Italia c'era molta più voglia di ridere rispetto a oggi, i comici non erano solo produttori di risate: erano anche gli interpreti del nostro tempo. Allora, al vertice della notorietà c'erano Aldo, Giovanni e Giacomo, che sono probabilmente l'ultimo grande gruppo comico nel quale, a un certo momento, l'intero Paese si sia riconosciuto. Non solo i loro spettacoli e i loro film diventarono oggetto di culto, ma le loro battute e i loro tormentoni entrarono talvolta a far parte della lingua italiana. Tuttavia il trio non produsse alcun libro, non cercò guadagni supplementari, e nemmeno i suoi membri vollero atteggiarsi a intellettuali. Sono stati gli anni, gli eventi, le circostanze, insomma la Vita a svolgere e maturare altri semi che, evidentemente, covavano nella fertile terra del trio.
Così, un bel giorno, quasi di sorpresa, si scoprì che uno dei tre era anche uno scrittore e un intellettuale, ma soprattutto uno scrittore: Giacomo Poretti. Avvenne in occasione dell'insediamento in Milano del Card. Scola. Invitato, insieme con altri, a dare il benvenuto al nuovo arcivescovo, Giacomo Poretti tenne un memorabile discorso che fu subito postato in mille blog e social network, e poi pubblicato su carta, aprendo di fatto al suo autore una nuova carriera parallela.
Alto come un vaso di gerani è il primo esito in forma di libro di questa evoluzione. Un libro semplice, profondo nel quale Giacomo porta a maturazione la sua avventura umana: ragazzino di provincia, attore, padre di famiglia. Perché tutti questi aspetti potessero trasformarsi in un libro capace di sfidare questo tempo triste con un sorriso vero (e quindi serio) ci voleva, oltre a tutto questo, anche uno scrittore. Il libro, pur filando via liscio grazie alla struttura in quattro grandi capitoli e all'ordine cronologico degli eventi, è pieno di sorprese. Giacomo non pialla le differenze tra racconto e racconto, le differenze stilistiche nate dalle diverse occasioni in cui questi racconti videro la luce. È un libro che procede per epifanie, talora nostalgico, altre volte duro. Si parla dell'amore dei genitori, delle colonie estive, della passione politica, della vita di paese, del cimitero di paese ormai pieno di persone conosciute (una struggente Spoon River personale), e c'è spazio anche per l'intervista a un atomo di carbonio.
Giacomo non si nasconde in questo libro, e non nasconde un sentimento fondamentale, la paura. Però non ha paura della paura, la affronta, fino a scoprire - tra Guareschi e Manzoni - che l'oggetto della sua paura ha un nome misterioso e per niente astratto: Dio. Negli anni recenti ho letto pochi libri come questo dove Dio agisca come un personaggio vivo. Dio ascolta sempre le nostre preghiere, dice Giacomo, anche quando sembra sordo. A Lui, per esempio, non importa che Giacomino Poretti, alto come un vaso di gerani, Gli chieda insistentemente di diventare alto. Non lo farà diventare alto, ma prenderà sul serio il vero senso della sua domanda: quello di diventare grande.
Tra risate e qualche discesa agli inferi, ma anche qualche salita in cielo, Alto come un vaso di gerani ci parla di un uomo. Non rinunciare alle risate ma tenerle al livello del dramma che tutti stiamo attraversando è il segno distintivo del vero scrittore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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