Cultura e Spettacoli

Dal rigattiere di parole: "Resilienza"

Sta diventando un po' di moda questo termine di origine latina, da qui passato al linguaggio industriale nell'Ottocento, e poi diffusosi a livello internazionale, entrando sia nel francese che nell'inglese

Dal rigattiere di parole: "Resilienza"

Sta diventando un po' di moda questo termine di origine latina, da qui passato al linguaggio industriale nell'Ottocento, e poi diffusosi a livello internazionale, entrando sia nel francese che nell'inglese. Il dubbio è sempre lo stesso: che oggi la parola venga utilizzata per la sua provenienza anglosassone (resilience, resilient) più che per la sua radice latina. Forse – ma non c'è prova – è proprio in inglese che la parola dall'ambito prettamente tecnico è scivolata nell'ampia platea del linguaggio generale. Resilienza vuol dire resistenza ed elasticità. Resiliente ha preso quindi a significare resistente, flessibile, capace di opporsi alle avversità. Termini che oggi appartengono anche al lessico della psicologia e delle scienze umane.

Il verbo latino resilire, che sta all'origine di tutto, significa rimbalzare, saltare indietro. Nella tecnologia dei materiali, specie in metallurgia, resilienza indica la capacità di assorbire gli urti senza spezzarsi, il contrario quindi di fragilità; nel mondo dei tessuti indica l'attitudine di questi di riprendere l'aspetto originario dopo una deformazione.

La parola si trova in tutti i dizionari moderni, mentre è più rara in quelli del passato, proprio per la sua specificità.

All'inizio dell'Ottocento il Cardinali Borrelli definiva così la resilienza: “Regresso o ritorno del corpo che percuote l'altro”.

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