
nostro inviato a Krynki
La terza guerra mondiale potrebbe iniziare in un posto come Krynki, nell'estremo lembo orientale dalla Polonia: una piazza, un pugno di case dai tetti spioventi, per arrivarci una strada interminabile che attraversa chilometri di boschi. A due passi dal centro del paese c'è la frontiera con la Bielorussia: fino a cinque anni fa non era nemmeno segnata o quasi, passava tra i campi e tra gli alberi. Adesso a presidiarla è un muro d'acciaio alto cinque metri con una doppia palizzata di filo spinato, sensori, telecamere notturne, parallela a tutto il tracciato una striscia in terra battuta che consente di tenere traccia di eventuali attraversamenti.
È una cicatrice in mezzo al verde che si prolunga per centinaia di chilometri lungo tutto il confine. Ai polacchi, però, non basta: l'anno scorso hanno deciso di avviare la costruzione del più imponente sistema di fortificazioni militari dai tempi della Seconda guerra mondiale e della linea Maginot. Nella piccola Krynki sono al lavoro, oltre al corpo delle guardie di frontiera, anche gli uomini della Prima Legione di fanteria, che porta il nome dell'eroe nazionale, il Maresciallo Pilsudski: piazzano cavalli di frisia, i cosiddetti denti di drago, ostacoli studiati per fermare il cammino dei carri armati, ridisegnano passaggi e stradine sfruttando corsi d'acqua, laghetti e paludi per essere pronti a bloccare un nemico in arrivo da Oriente. Lungo l'intero corso del confine, per rinforzare le difese si costruiscono bunker in cemento armato, al confine con il territorio russo di Kaliningrad si piazzano campi minati.
La colossale opera, secondo i documenti ufficiali lo "Scudo orientale", sarà terminata entro il 2028 e alla fine costerà qualcosa come 2,5 miliardi di euro. È il segno di quanto la Polonia sia preoccupata per quanto sta succedendo al vicino ucraino. E del resto già nel 2008, dopo l'invasione russa della Georgi, l'allora presidente Lech Kaczynski non aveva dubbi: "Sappiamo che oggi tocca alla Georgia, domani all'Ucraina, dopo domani toccherà forse agli Stati baltici e al nostro Paese".
Per questo la Polonia oggi schiera il terzo esercito della Nato, dopo Usa e Turchia: 216mila uomini (nelle forze armate italiane, con 20 milioni di abitanti in più, servono 160mila persone). "La Russia non è forte abbastanza per attaccare anche noi, ma resta imprevedibile e non ha cambiato intenzioni", avverte il Capo di Stato Maggiore della Difesa Wieslaw Kukuta.
"È pronta in ogni momento a usare lo strumento militare per raggiungere i suoi scopi". Alle preoccupazioni sono seguiti i fatti: in termini di spesa militare pro-capite oggi i polacchi battono anche gli Stati Uniti: 4,7% del prodotto interno contro il 3,5%.
Uno degli obiettivi più immediati è quello di rinforzare i reparti della riserva: le forze armate organizzano giornate di addestramento per i volontari nel week-end e durante le vacanze. Il modello è la Finlandia, che in 72 ore è in grado di mobilitare oltre 200mila uomini. I generali di Varsavia vogliono in pochi anni più che raddoppiare i loro attuali effettivi.
Nel frattempo i polacchi hanno a che fare con un avversario che li tiene quotidianamente sotto pressione. Nel 2020 gli arresti di migranti illegali che attraversavano il confine furono 117. Poi nell'agosto di quell'anno le elezioni in Bielorussia che portarono, ancora una volta, alla rielezione di Alexander Lukashenko suscitarono le proteste di tutto il mondo occidentale. Il dittatore di Minsk rispose con un'arma allora inedita, il commercio dei migranti, esempio molto concreto di guerra ibrida. Nel 2021 mandò decine di migliaia di clandestini verso il confine: i tentativi di attraversamento furono quasi 38mila, e in Polonia, colta completamente di sorpresa, gli equilibri politici vacillarono. Si iniziò subito la costruzione del primo muro d'acciaio, ma le ondate di profughi sono continuate: 15mila tentativi nel 2022, 26mila nel 2023, quasi 30mila l'anno scorso, quest'anno fino ai primi giorni di ottobre sono stati 26mila.
"Lukashenko, cosi come la Russia, cercano di consumare in ogni modo le nostre risorse", spiega Katarzyna Zdanowicz, maggiore delle Guardie di frontiera. "La Bielorussia organizza scientificamente il traffico verso il confine: agenzie di viaggio nei Paesi del Terzo mondo, biglietti a basso prezzo, un network di facilitatori che portano gli illegali praticamente fino a noi".
Sul lato bielorusso il confine è organizzato secondo il cosiddetto "Sistema", eredità della vecchia Unione Sovietica: una prima strada parallela alla frontiera, una zona di esclusione di 800 metri in cui nessuno può entrare e poi ancora una pista in terra battuta appena a lato del nuovo muro d'acciaio.
"Eppure nonostante la zona d'esclusione i nostri sensori rilevano ogni giorno un movimento continuo. Non potrebbe esserci senza il contributo attivo delle autorità bielorusse", conclude il maggiore Zdanowicz. "La verità è che Lukashenko sembra sempre più deciso a non mollare la presa".