E' una parola che, denominando - secondo le varie definizioni - “la femmina del maiale, del porco, del bestiame porcino, della bestia porcina”, ha finito per sprofondare nella volgarità. Ma non è questo aspetto che ci interessa. Scavando nella derivazione, ci s'imbatte in una curiosità sorprendente.
I dizionari concordano in un'origine storico-gastronomica; per riferirla usiamo le parole del Rigutini-Fanfani: “I romani chiamavano porcus troianus un Cignale (cinghiale, ndr) arrostito intero e riempito di molti altri animaletti a somiglianza del Cavallo di Troia, pieno di armati. Quindi in volgare si fece ‘troia’ per la femmina del porco, pregna di porcellini”. Convergono su questa origine vari autori antichi e moderni. Il Pianigiani, che pur esprime qualche perplessità, spiega che il ripieno era “di polli, di uccelli”, e da qui il significato soprattutto di “scrofa gravida”. Per altri si trattava di cacciagione. Meno verosimile la tesi del Treccani: “voce espressiva che imita il grugnito del maiale”. Il Palazzi sfoggia un certo perbenismo: alla voce troia infatti rimanda semplicemente a scrofa (che spiega derivare “dal latino scrobis, la fossa dove i maiali razzolano col grifo”; il grifo è l’estremità mobile del muso suino).
Sotto il nome di troia, per lo Zanobetti “erano comprese le finte battaglie, le giostre a cavallo ed altri esercizi militari che facevano i giovani nobili romani”, e per lo stesso autore era anche “il nome di macchina antica di guerra”.
Senza indulgere nella famiglia delle derivazioni, che portano prevalentemente in territorio spregiativo, merita segnalare che “troiata” era per il Tommaseo “quella truppa di masnadieri che si menavano dietro i gentiluomini di contado”, per il Manuzzi “truppa di gente serva che seguiva in guerra i signori di contado”. In tale definizione il D’Alberti vede la “similitudine della truppa di porcellini che vanno dietro alla troia”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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