Los Angeles è una metropoli che non ha mai nascosto il proprio lato noir agli scrittori, tanto che nel tempo ne sono diventati fieri interpreti gente del calibro di Raymond Chandler, James Ellroy e Michael Connelly. A raccontare ora il lato oscuro di L.A. in una raccolta di racconti ambientati fra anni '40 e '50 è l'eclettico musicista Ry Cooder (l'artefice della colonna sonora di Paris, Texas e di progetti di incontro musicale multietnico come Buena Vista Social Club) il quale, posata la chitarra, ha impugnato la penna per Los Angles Stories (Elliot). Gli è bastato rifarsi al mondo di aneddoti orali al quale è stato abituato fin da bambino.
Protagonisti delle narrazioni di Cooder sono dei losers per i quali è spesso impossibile qualsiasi redenzione nella città «labirinto di differenze di classe» che tutti considerano però «la terra promessa dove qualcosa di bello potrebbe capitare a chiunque». Eppure nessuno di loro raggiungerà il proprio obbiettivo senza spargimento di sangue, dal venditore di annuari al pornografo, dal sarto messicano allo spregiudicato immobiliarista, dal tramviere disoccupato al giovane studente che gira con un Winchester sperimentale nella borsa, dal detective privato alla ballerina, dal barista all'odontoiatra, passando per proprietari di negozi di dischi e suonatori di varia estrazione. Ognuno di loro può scontrarsi quotidianamente con delitti che la polizia cerca invano di risolvere. Ci sono così uomini che cadono non accidentalmente dai palazzi, altri ai quali viene amputato un braccio, mafiosi accoltellati nei cinema, omosessuali che vengono sparati in macchina dal «killer del finestrino», disoccupati trasformati in rapinatori, magazzini di vinile che esplodono...
A Los Angeles negli anni '40-50, ci racconta Cooder, non mancava proprio nulla per chi volesse fare un luogo tour fra le amenità in noir. Si potevamo persino trovare poliziotte ossessionate dall'arrivo degli alieni ma anche sette come la Mankind United che sostenevano che «il mondo era sottomesso al dominio di una cospirazione maligna (i cosiddetti Hidden Rulers, Governanti Segreti e i Money Changers, I Cambia Valute) responsabile delle guerre della povertà e delle ingiustizie». Le vite e le morti dei protagonisti di Los Angeles Stories sono scandite da canzoni meticce come Sin ti di Pepe Guizar, La vida es un sueño di Arsenio Rodriguez Scull e Fine And Mellow di Billie Holliday. E da bravo performer Cooder mescola blues, jazz, rock, salsa, requinti, boleri, e folk mariachi producendo un'originale patchanka che mostra la multietnicità culturale presente nella città americana.
Quasi tutti i protagonisti delle storie ascoltano musica e ne sono condizionati. Ci sono musicisti che passano ore ad ascoltare i loro vecchi successi inseriti in 78 giri su juke-box Wurlizer, ci sono chitarristi che si esibiscono in sale da bowling di proprietà di mafiosi, ci sono interpreti di trio messicani che sognano di vendere dischi e sfondare ad Hollywood, ci sono persino ex militari in congedo che sbarcano il lunario facendo gli odontoiatri ma sognano di possedere e suonare una Bigsby triplo manico («il santo graal delle steel guitar»). A contrapporsi a questi falliti della musica, ecco le vere star, quelle che può capitare loro di ascoltare sui palchi, icone da ammirare che però nella vita privata si mostrano uguali a tutti gli altri. Leggende come T-Bone Walker, Slim Gaillard, John Lee Hooker, Charlie Parker che Ry Cooder mette in scena con affetto e passione. Fondamentalmente un buon musicista che vuole cavarsela onestamente deve sapere poche cose, come insegnano i messicani che suonano nei trios. Il musicista deve sapere osservare il suo pubblico «che ama, che odia e che si ubriaca... Dev'essere aggiornato, deve conoscere il repertorio di canzoni che raccontano semplici storie di vita, la historia, di ogni uomo e di ogni donna: romanticismo, religione e morte.
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