Observer di coprire la campagna di John Major, assumeva droga sul jet del Primo Ministro. Ora pare si goda soltanto lunghe passeggiate perché, come ha scritto sul Guardian, «camminare è politico». L'unico che non lo teme è Martin Amis, l'amicissimo (ma non «migliore»: le sue migliori amiche sono donne) con cui Will Self gareggia in maledettismo, cinismo e sprezzatura, ma che tratta sempre come un maestro. I due si sono intervistati a vicenda così tante volte che stupisce non ci abbiano ancora scritto un saggio: si interrogano periodicamente su Hemingway, Simenon o Kerouac, senso della scrittura e dell'antiscrittura, che entrambi praticano più volentieri. Se però il prodotto di pessimo carattere, vita dissoluta e «cattivi maestri» sono romanzi prodigiosi come Ombrello (ISBN, euro 26 e 50, traduzione di Cenciarelli-Lombardi Bom-Petruccioli, pagg. 368, in uscita il 5 settembre), ne vale la pena.
Dopo gli inequivocabili prodotti da bad boy come Cordiali saluti da un mondo insano, Misto maschio (Feltrinelli) e Dorian (Mondadori), a cavallo tra James Ballard e la struttura narrativa iperclassica, Ombrello, suo nono romanzo, sancisce la maturità di un autore che viene paragonato a un mostro come Joyce con qualche fondata ragione. L'intero racconto è uno stream of consciousness dei più riusciti: il pensiero si fa onomatopea, le parole assumono tridimensionalità, la trama non ne perde in scioltezza.
Nel 1918 Audrey Darth viene internata nell'ospedale psichiatrico di Friern e dimenticata per mezzo secolo. Nel 1971, lo psichiatra Zack Busner, voce o meglio cervello narrante della vicenda (ennesimo psichiatra protagonista, per Self, che però approva solo l'antipsichiatria alla Ronald Laing) la prende in cura e la risveglia dallo stato catatonico dovuto all'encefalite letargica. Nel 2010, il manicomio è diventato un condominio di lusso di North London e Busner è alla ricerca delle radici dell'incontro con quella sua vecchia paziente.
Il racconto si snoda lungo 92 anni. Seguirlo non è facile: Londra si trasforma, diventa impossibile distinguere tra follia e tecnologia, la cronologia si interseca per piegarsi a una volontà narrativa ambiziosa ma ferrea. Nemmeno la lingua usata è facile: per mettere in italiano «l'universo di voci, allitterazioni, ambiguità semantiche, idioletti» ci sono voluti tre traduttori, connessi via Skype e Facebook ogni giorno. Del resto, chi ha detto che la letteratura deve essere facile? A proposito di Ombrello, Self ha proclamato che non scrive per piacere ai lettori (sarà per quello che non è ancora diventato pop quanto Amis?). Con lui difficile è la parola chiave, quella per cui si sente rivoluzionario: «Col passare del tempo, ho capito che la grandezza della scrittura è che le parole non saltano fuori da libri e articoli per aggredirti.
Devi andarteli a cercare. Nel mio caso, se i soggetti delle mie storie - devianza sessuale, tossicodipendenza e malattia mentale - sono ormai quasi normali, il linguaggio, solo perché difficile, è diventato per i lettori il vero scandalo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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