Nicholson Baker è il dio dei dettagli. In un volumetto di quindici anni fa, Un po' di testa non guasta (Frassinelli), prendeva la lente per leggere i titoli dei romanzi che, nelle brochure di mobili da salotto, fanno mostra di sé nelle finte librerie. Qualcuno le chiama Ossessioni. Ma la verità è che poi con questi Dettagli-Ossessioni Baker ci costruisce immagini irripetibili. In un racconto inventa «L'Altopiano», che sarebbe il luogo dove si esercita il controllo del Tempo. Fin qui, puro fantasy. Ma quando appaiono «Secondi maschi» e «Secondi femmine» che si vestono «con mantelline colorate di produzione artigianale», ecco che fa irruzione la letteratura e non ti molla per tutte le pagine restanti. Domani sera Nicholson Baker sarà alla Milanesiana e qualche giorno fa è tornato in libreria per Bompiani il suo esordio del 1988, L'ammezzato (traduzione di Stefania Bertola, pagg. 210, euro 16,50), introvabile dall'edizione Einaudi del 1991. Come accadde due anni fa per La casa dei buchi, questo «romanzo della mente» minaccia di diventare - o ridiventare - un libro di culto. Se là era il sesso il re delle meraviglie di personaggi perduti in un soft-porno resort in cui ogni fantasia erotica aveva diritto a realizzarsi, qui il protagonista è un uomo comune, il giovane impiegato Howie, che gira «tenendo in mano un tascabile Penguin nero e un sacchetto bianco dei magazzini CVS, con lo scontrino pinzato in cima».
Anche in questo romanzo c'è un'Ossessione protagonista: quella per le stringhe («Come mai una si rompe sempre prima dell'altra?»), da cui tutta la storia di dipana (anche se per le prime dieci pagine si parla solo di storia, asperità, grippaggio e galleggìo delle cannucce, sì, proprio quegli oggettini colorati usati per sorseggiare bevande). Howie ha appena comprato delle stringhe nuove e fin dal sacchetto quel paio di lacci urla alla sua mente una serie di libere associazioni che si trasformano in un esilarante flusso di coscienza.
Eppure, 25 anni fa il New York Times scrisse de L'ammezzato: «Non ha né storia, né trama, né conflitto». Lei che ne dice?
«Tutto è una storia se sai guardarci nel modo giusto. L'ammezzato è il romanzo di un uomo che va a fare una commissione: compra un paio di stringhe nuove. Una grande storia. E intanto cerca di rispondere alla domanda: che cosa c'è di veramente divertente e bello e interessante nella vita? Ed ecco il conflitto: l'uomo ha molto su cui riflettere e solo una briciola di tempo per farlo, l'ora di pausa pranzo di un giorno qualsiasi».
Come ha convinto l'editore a pubblicare una storia come questa nel 1988?
«Alcuni editori ci hanno messo un sacco a capire il libro. La tecnica delle note a piè di pagina era nuova, le frasi erano lunghe e tortuose, l'intero libro in sostanza è brillante, ma in modo... eccentrico. Ed è sempre rischioso fare i brillanti. Ma non ero preoccupato: all'inizio era solo un racconto, pubblicato in una rivista. Era la prima cosa che scrivevo ed era sincera, veniva dal cuore, il che è bizzarro. Comunque la verità è che mia moglie aveva avuto un bambino e io avevo trent'anni e niente di mio da mettere in mostra. E d'un tratto sentivo l'urgenza di portare a termine grandi imprese».
Quindi Howie chi è?
«Una parte di me che cerca di rivelare la verità su uno dei tanti giorni della vita».
Come mai è così interessato alle road map della mente umana?
«I romanzi sono i migliori tunnel verso i luoghi più segreti e nascosti. Fanno un lavoro di introspezione migliore di quello dei film. Mettono alla berlina gli imbarazzi per procura».
Esistono ancora comportamenti davvero bizzarri?
«L'umiltà. L'eremitaggio. Entrambi sono eccentrici in modo estremo, oggi. Anche la timidezza lo è parecchio. E la normalità».
Lei ha scritto molto di sesso. Prima in Vox, il romanzo di erotismo telefonico che Monica Lewinski regalò a Bill Clinton. Poi nella Casa dei buchi: che cos'è il sesso?
«È qualcosa di complicato e divertente che i mammiferi fanno coi loro pezzettini intimi».
E l'erotismo?
«Quando lo fanno con l'accompagnamento di un'orchestra ad archi».
La pornografia?
«Quando c'è solo un basso continuo di tamburo e qualche chitarra spagnola».
Nei suoi romanzi ogni cosa ha un lato comico. Anche la sua vita è così?
«Grazie, ma no. M'intristisco come tutti. Ma non sono così sicuro che la tristezza sia sempre la parte migliore della letteratura. Siamo fortunati ad essere vivi».
Si dice che sua moglie abbia un ruolo specifico come lettrice dei suoi manoscritti.
«Ho incontrato mia moglie al college. Eravamo nello stesso dormitorio. Ero scioccato da quanto fosse brava come lettrice. Tra le altre cose, ovvio. Andava dritta come un fuso all'anima di una pagina. Perciò è la migliore per dirmi se mi sono fatto prendere troppo la mano in una storia. Ma a volte, anche con questo freno, vado ben oltre quanto dovrei».
Qual è la cosa peggiore che le è accaduta come scrittore?
«Fare un sacco di soldi. Più di quanti meritavo. Mi sono impigrito e per un po' ho smesso di scrivere. Tanto, non ne avevo bisogno. Fortunatamente, ora sono al verde».
E la cosa migliore?
«Fare un sacco di soldi».
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