Come si è formata l'identità italiana

Viaggio nell'identità italiana: come si è formata e come si modificherà ancora?

Come si è formata l'identità italiana

"Fatta l'Italia, bisogna fare gli italiani". Questa frase è il sunto di un pensiero ben più ampio di Massimo D'Azeglio, uno dei padri fondatori del nostro Paese. A distanza di più di centocinquant'anni dalla nascità dello Stato italiano - e il passaggio tra due guerre mondiali - è ormai chiaro quali sono i confini e l'identità della nostro Stato. Un po' meno quella degli italiani, a volte troppo distratti o addirittura non interessati alla propria identità.

Ma cosa definisce un italiano tale, dato che la sua identità è il frutto di un continuo via vai di popoli e di culture? Il suo aspetto fisico? Solo in parte. Se si visita M9, il museo del Novecento di Mestre nato anche grazie all'intuizione di Cesare De Michelis, si scopre che siamo cambiati molto rispetto ai nostri avi. Come spiega il museo, infatti, i cambiamenti tecnologici degli ultimi anni hanno cambiato profondamente il nostro aspetto: "I miglioramenti economici e sociali del XX secolo non hanno cambiato solo la nostra vita: hanno trasformato anche il nostro corpo e i nostri lineamenti". Grazie ad alcuni "specchi magici" presenti all'interno della struttura, possiamo però vestire "i panni dei nostri antenati per vedere che aspetto avremmo avuto se fossimo vissuti in epoche diverse". Scartato dunque l'aspetto fisico, in continuo movimento, ci vuole ben altro per definire l'identità italiana. Come ci spiega Luca Molinari, nuovo direttore scientifico di M9: "Il museo è aperto e quasi i visitatori ci si perdono e si perdono all'interno del Novecento italiano. La nostra è una mostra impegnativa a livello di attenzione, ma aiuta a capire meglio chi siamo. Cosa determina la nostra identità? Ciò che mangiamo, ciò che facciamo, ciò che produciamo, ma anche ciò che roviniamo, come il paesaggio. M9 non è solo un museo di storia del Novecento – continua Molinari – ma è anche un laboratorio del contemporaneo. Questo per me è centrale. Abbiamo bisogno di immergere il museo nell’attualità: ovvero usare la storia del passato prossimo per raccogliere le sfide di un tempo che sta vivendo una trasformazione potente e drammatica”. In questa chiave il museo viene immaginato come “una casa aperta per tutti” cioè come un luogo “dove sperimentare il futuro nel presente”. Questa impostazione si traduce nel fatto che la mostra permanente dedicata alla storia del Novecento, cuore del museo, ”verrà attraversata da un’attenzione molto forte in termini di potenziamento per coinvolgere i bambini e le persone con fragilità. Quello che vogliamo fare nei prossimi anni è generare un museo a misura di bambini e fragilità”.

M9

Forse si può cominciare a tratteggiare il nostro identikit partendo dalla cucina, il luogo per eccellenza di tutte le case italiane. Dove ci si riunisce per mangiare, per bere un buon caffè e anche per discutere. Ma con una particolarità, come scrive John Dickie, autore di Con gusto. Storia degli italiani a tavola (Laterza): "Quando gli italiani mangiano i loro alimenti tipici, nel piatto c'è sempre un ingrediente in più che un forestiero non riesce a percepire: sembrerà retorico, ma questo ingrediente è l'orgoglio di campanile". Perché la cucina italiana non cambia solamente nel tempo, ma anche - e verrebbe quasi da dire soprattutto - nello spazio. "Perché il cibo italiano, quando è al suo massimo, è carismatico" - afferma Dickie - "E lo è per via di quel suo rapporto quasi poetico con il territorio e con l'identità: gli italiani mangiano così bene perché la cucina rafforza in loro il sentimento delle origini e dell'identità". Ora possiamo dire qualcosa di più dell'identità italiana: essa è fatta di tante piccole patrie. Di tanti piccoli orgogli locali, che si uniscono. "Quest’area tematica racconta l’evoluzione di questo spazio domestico attraverso la ricostruzione di quattro cucine di epoche diverse e le testimonianze di chi le ha abitate, evidenziando il ruolo dell’alimentazione nella costruzione dell’identità italiana, dai prodotti che hanno riempito l’immaginario e le pance dei nostri nonni sino alle nuove abitudini indotte dallo sviluppo della moderna industria agroalimentare", si legge sul sito del museo.

Italia è anche la storia della sua politica, soprattutto quella più tormentata del Novecento. È infatti la Prima guerra mondiale a fare davvero gli italiani. È questo il momento in cui il siciliano viene spedito sull'Adamello insieme al veneto e all'umbro che, forse, si scoprono per la prima volta connazionali mentre imprecano contro chi li ha spediti lì. Al freddo e sotto il tiro dei nemici. Gli italiani perdono questa guerra fino a quando non capiscono, dopo la disfatta di Caporetto, che gli austriaci possono penetrare nell'entroterra. È a quel punto che reagiscono. È a quel punto che un giovane fante, Luigi Saccaro, pronuncia una frase che rimarrà nella storia: "Fin qui è arrivato il nemico, ma di qui non si passa". Una frase che riecheggia, anche se il fante italiano non poteva saperlo, quanto scritto da G. K. Chesterton: "Un vero soldato non combatte perché ha davanti a sé qualcosa che odia. Combatte perché ha dietro di sé qualcosa che ama". Anche questo fa parte della nostra identità.

Dopo la Prima guerra mondiale è stato il momento del biennio rosso e poi del Fascismo, durato come noto un Ventennio. Uno dei tratti distintivi di questo periodo sono le piazze piene, soprattutto negli anni che Renzo De Felice definisce "del consenso". Per comprendere perché così tanti italiani siano rimasti affascinati da Benito Mussolini bisogna proprio partire da quelle piazze e provare ad ascoltare il Duce dalla mascella volitiva. All'interno del museo è infatti presente un'area, chiamata L’arena politica, in cui alcuni attori rimettono in scena alcuni tra i più importanti discorsi politici del Novecento: "Nel Novecento comizi, manifestazioni, scioperi e cortei costituiscono gli spazi, anche simbolici, del discorso e della vita politica, sino a quando, alla fine del secolo, le arene virtuali degli studi televisivi e dei social media si sovrappongono alle piazze, alle sedi delle istituzioni, alle sezioni dei partiti. Il corso della storia politica nazionale è segnato dall’intersezione tra la partecipazione delle masse e la presenza di leader carismatici". E anche questo è uno dei tratti distintivi della nostra identità: la passione per la politica e pure il vizio di cambiar bandiera, come disse sir Winston Churchill: "Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti". L'Italia è il paese di Don Camillo e Peppone, dei rossi contro i neri. Dove è possibile scannarsi - e i fatti dall'8 settembre in poi e degli Anni di piombo sono lì a ricordarlo - ma dove poi si può andare d'accordo su quanto di più importante, come scrive Giovannino Guareschi: "Bisogna rendersi conto che, in quella fettaccia di terra tre il fiume e il monte, possono succedere cose che da altre parti non succedono. Cose che non stonano mai col paesaggio. E là tira un'aria speciale che va bene per i vivi e per i morti, e là hanno un'anima anche i cani. Allora si capisce meglio don Camillo, Peppone e tutta l'altra mercanzia. E non ci si stupisce che il Cristo parli e che uno possa spaccare la zucca a un altro, ma onestamente, però: cioè senza odio. E che due nemici si trovino, alla fine, d'accordo nelle cose essenziali. Perché è l'ampio, eterno respiro del fiume che pulisce l'aria. (...) Ecco l'aria che si respira in quella fettaccia di terra fuori mano: e si capisce facilmente cosa possa diventare laggiù la faccenda della politica".

Dopo mesi di stop dovuti all'emergenza Covid-19, il museo è pronto a ripartire, come ha spiegato Michele Bugliesi, presidente della Fondazione Venezia, più accogliente di prima: "In questi mesi di stop abbiamo rivisto dalle fondamenta scopi, articolazioni e attività, e modello di gestione di M9, ora siamo pronti.

Vogliamo che sia una casa aperta per tutta la città". Per questo sono stati preparati grandi investimenti per conquistare giovani e adulti attraverso nuovi laboratori e per riuscire a intercettare anche le comunità straniere presenti in Italia.

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