La signora delle matite è una definizione seducente, ma rischia di essere riduttiva. Eppure alzi la mano chi, da bambino, non ha mai messo una scatola di colori Caran d’Ache in cartella. Un tempo erano borse rigide di colori improponibili. Poi divennero zaini. Talvolta cinghie. Tutto potevano essere, ma loro, le matite colorate con il Cervino sulla latta, sono passate indenni per le mani dei bambini di tutto il mondo. Perché è questa la loro caratteristica precipua. Nella Caran d’Ache che cade, la mina non si rompe e quindi dura il doppio. Ora alla guida dell’azienda di Ginevra siede una donna di 43 anni, Carole Hubscher, subentrata prima dell’estate al padre Jacques Hubscher. E’ la prima volta di una donna alla guida della maison. Eppure, se i colori Caran d’Ache non hanno bisogno di presentazione, meno universalmente noto è che dalla fabbrica svizzera escono stilografiche di pregio e prestigio irraggiungibile dalle linee di raffinata eleganza, celebrative di eventi storici, personaggi illustri, eventi memorabili. L’ultima in ordine di tempo è la Caelograph, dedicata al cielo, alle stelle, alle costellazioni dell’emisfero boreale. Una perla. Tuttavia Carole Hubscher, fresca di nomina, ma già collaudatissima manager di Caran d’Ache, si trova a fronteggiare una fase delicatissima.
Dirigere un’azienda del lusso per eccellenza in un momento di crisi economica non è semplice…
«Ci salva la solidità del nostro marchio. L’affidabilità che esso trasmette. Chi compra Caran d’Ache sa di portarsi a casa un oggetto di scrittura che lo accompagnerà per la vita. E nemmeno un incidente può metterne in dubbio la longevità. Queste penne, queste stilo rappresentano allure, ma non danno sorprese negative. Quindi mantengono il loro appeal presso il pubblico. Certo, in questi mesi difficili per l’Europa e gli Stati Uniti, il ruolo giocato dai mercati emergenti come Russia e Cina diventa fondamentale e ci permette di non soffrire».
Presto o tardi anche la Cina dovrà rallentare. Anzi sembra aver già frenato rispetto agli ultimi anni.
«Dovranno affrontare problemi che l’Occidente ha già risolto, questo è il nostro piccolo conforto. Adesso l’Europa deve riconquistare le posizioni che le competono. Non sarà facile, ma il futuro non ci riserverà più i preoccupanti rovesci, che hanno sconvolto le economie mondiali negli ultimi tre anni. Io ho tre figli e sono consapevole che il loro domani non sarà semplice, ma ritengo che tanti eccessi saranno evitati e, con essi, il tracollo sempre in agguato a chi si espone in misura eccessiva alle proprie possibilità».
Che cosa teme nella difficile eredità che le è toccata con la guida dell’azienda…
«Sono molto fiduciosa, anche se la responsabilità è grande. Caran d’Ache è un’impresa a carattere familiare che dà lavoro a trecento persone. Sono famiglie delle quali mi sento in buona parte garante. Però ho il sostegno di un ambiente che conosco da molti anni, per aver lavorato qui a lungo e posso avvalermi di dirigenti e collaboratori di prim’ordine, sui quali ho completa fiducia. Non ritengo di dovermi stupire negativamente, insomma. Il resto, come dicevo, lo fa un marchio famoso e apprezzato non solo in Svizzera, ma amato in tutta Europa e nel mondo. La nostra assicurazione sulla vita».
Sulle rive del lago di Ginevra, molto parla di Caran d’Ache, con sede a Thonez, il quartiere alla periferia della città svizzera dove la recinzione rappresenta il confine con la Francia. Nata nel 1915 è di proprietà di tre famiglie – Hubscher, Reiser e Christin – che la gestiscono con la sagacia e l’attenzione svizzera combinando gusto e raffinatezza con efficienza e funzionalità. per l’arte contemporanea, è sensibile al fascino del design e dell’architettura, usa l’i-phone e indossa Chanel. Ed è particolarmente attenta alla comunicazione, oltre che alla diversificazione dei prodotti di Caran d’Ache, recentemente sbarcata nell’universo della pelletteria e degli accessori di lusso. Anche per questo forse oggi alla guida dell’azienda c’è una donna di grande charme e disponibilità che sa essere madre di famiglia e imprenditrice, ha un debole per la moda e l’eleganza italiana oltre che
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