Storia d'assalto

Il simbolo della Legione straniera: la mano di legno di Danjou

Il 30 aprile del 1863, 65 soldati della Legione Straniera francese tengono testa a oltre duemila soldati messicani. Al comando c'è il capitano Danjou, e la sua celebre "mano di legno" è destinata a diventare un simbolo leggendario

Il simbolo della Legione straniera: la mano di legno di Danjou

Camerone, località del Messico che deve il nome ai gamberi d'acqua dolce che affollano il fiume che scorre fino a Vera Cruz, è dove è sbarcato il grosso della spedizione francese intervenuta per quello che passerà alla storia come l'Affare Massimiliano.

Il capitano Jean Danjou, lunghi baffi imperiali e l'uniforme blu e rossa d'ordinanza, con i fregi del corpo d'élite che aveva creato dal "nulla" Luigi Filippo di Borbone-Orléans appena trent'anni prima, si calza bene il képi bagnato di sudore e ordina alla colonna di 64 uomini sotto il suo comando, di schierarsi su due file e serrare i ranghi in quadrato per respingere la seconda carica di cavalleria portata dalle truppe al comando del colonnello messicano Francisco de Paula Milán.

Danjou, che indica la linea di tiro con la sua mano sinistra di legno - nella destra impugna una rivoltella - sta guidando la sua compagnia in avanscoperta, quando viene individuato dai messicani pronti a tendere un'imboscata a un convoglio di cannoni diretti a Puebla, posta sotto assedio dai francesi sbarcati in supporto della reggenza imposta dagli Asburgo. In poco tempo gli piombano addosso l'equivalente di tre battaglioni, quasi 2000 uomini. Dopo lo scontro in campo aperto, i 65 legionari sono costretti ad asserragliarsi nell'Hacienda Camarón: una vecchia locanda dalle alte mura perimetrali che diventerà la loro Fort Alamo.

I messicani, un migliaio di fanti o altrettanti cavalleggeri, regolari e irregolari, assediano l’hacienda e propongono la resa Danjou - in virtù dell’evidente sproporzione di numero. Ma il capitano Danjou, che insieme ai suoi due sottotenenti Jean Vilain e Clément Maudet conosce bene la natura della sua missione, rifiuta calorosamente. Rispondendo che non ci sarà alcuna resa e dando seguito alla battaglia. Sarà tra i primi a cadere, raggiunto da una pallottola al petto. Ad assumere il comando è Vilan, che da li a poco rifiuterà una seconda offerta di resa, mentre resiste alla sete e al caldo con appena venti legionari abili al combattimento. Morirà anche lui, raggiunto da un pallottola alla testa.

I pochi uomini rimasti, ora agli ordini del sottotenente Maudet - che dirige il fuoco assieme al caporale Maine - sono stremati. Circondati dai corpi dei commilitoni morti o feriti che affollano le rovine poste sotto assedio, hanno deciso di combattere fino alla morte, e lo faranno. Hanno giurato prima che il capitano Danjou spirasse l'ultimo respiro e abbandonasse la terra arida di Camerone. Lo faranno anche quando terminate le munizioni, vedono irrompere nell'hacienda i cavalleggeri messicani. L'ordine impartito da Maudet ai caporali Miaine e Berg e ai pochi legionari sopravvissuti, è quello di issare le baionette e sferrare un ultimo, disperato, assalto all'arma bianca. Maudet e Catteau saranno gli ultimi a cadere. Quest'ultimo facendogli scudo con il proprio corpo: le "beau geste".

È allora che un ufficiale messicano ordina ai lancieri di disperdersi per offrire l'ultima possibilità di resa ai quattro legionari rimasti. Questa vola il caporale Maine accetta: ma dovrà essere lui a dettare le condizioni. Sarà in quel momento, secondo i rapporti ufficiali (o lirici) dell'epoca, che il comandante messicano risponderà: “Non si rifiuta niente a uomini come voi!”. Le condizioni sono semplici: immediate cure ai feriti, e nessuna consegna delle armi. Accordate.

Nessuno si accorge però che un soldato messicano, nell'ispezionare i caduti che giacciono sul campo brullo dell'hacienda, ha trafugato la mano di legno del capitano Danjou - impiantata anni prima, dopo l'esplosione di un moschetto che aveva provocato l'asportazione dell'arto. Verrà recuperata soltanto due anni dopo da un tenente austriaco, Karl Grübert, un collezionista di cimeli che sa ricollegare il feticcio all'evento già diventato leggenda nel Vecchio Continente. Lo consegnerà alla Legione Straniera, che la renderà la reliquia più importante: massima espressione dell'esprit de corp. Prima di allora, il capitano Danjou e i sottotenenti Vilain e Maudet verranno insigniti della Legion d'Onore per poi essere sepolti al Cimitero militare del complesso militare degli invalidi - dove riposano le spoglie di Napoleone Bonaparte. Il loro sacrificio era valso il compimento della missione: lasciare che il convoglio diretto a Paula non venisse attaccato dai messicani. Il resoconto di quella giornata leggendaria, redatto durante la prigionia dal caporale Berg - ultimo e unico sopravvissuto -, terminerà con un fatto e una consapevolezza: "La 3ª compagnia è morta. Ma ha fatto abbastanza perché si parli di lei". Se ne parlerà.

Da quel giorno, ogni 30 aprile, nel quartier generale di Aubagne - dov’è iniziata l’avventura di tanti legionari, come Cole Porter, Ernest Jünger e Curzio Malaparte - la mano di legno del capitano Danjou viene portata in sfilata dal reduce più meritevole in una teca di vetro. A scortarlo sono un drappello di pionieri dalle folte barbe, che indossano quel singolare grembiule di cuoio, portano l’ascia in spalla, e marciano al passo marziale e lento del Boudin.

Una liturgia nel ricordo del coraggio e dell'ottemperanza di Danjou, dei suoi, e di tutti gli uomini che hanno dato la vita per una patria diversa: la Legione.

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