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Soros, lo squalo travestito da filantropo

A Udine il tycoon ha vinto il premio "Tiziano Terzani", ma non rinnega le sue speculazioni: "Era tutto lecito"

Soros, lo squalo travestito da filantropo

da Udine

Figura controversa George Soros. Il tycoon ungherese naturalizzato statunitense dal patrimonio stimato di 20 miliardi di dollari, dopo gli studi di filosofia con Karl Popper ha vissuto da finanziere spericolato, ma da qualche anno ha ripiegato sull'attività di filantropo aureolato.

Restano memorabili alcune sue speculazioni: nel 1992 affossò la British Bank guadagnando un miliardo di dollari. Dello stesso anno l'operazione che portò, in due ondate, alla svalutazione della lira del 30 per cento, rovinosa per il debito italiano, le cui amarissime conseguenze paghiamo ancora oggi. Ma da qualche lustro il multimiliardiario impegna tutte le sue energie, e fiumi di danaro in iniziative politiche (nel 2004 spese cifre enormi per contrastare l'elezione di George W. Bush alla presidenza degli Stati Uniti, invano), e ancor più recentemente in imprese benefiche, in parte con la sua organizzazione «Open society», in parte finanziando un numero crescente di associazioni. Gli addetti ai lavori spesso ironizzano sulla fila di operatori del sociale davanti alla porta del generosissimo miliardario.

In breve Soros ricorda un po' il Guido da Montefeltro dantesco, la volpe della politica che si reinventa penitente. Chiaro che la sua vittoria al premio «Tiziano Terzani», consegnato ieri al festival Vicino/Lontano di Udine (dedicato alla «Questione Italia», si chiude oggi dopo un weekend fitto di incontri ed eventi) e che ha quasi la fisionomia di una sorta di «premio bontà», si portasse dietro una dose di polemiche. Qualcuno ha definito Soros uno «squalo travestito da filantropo», ma la moglie di Terzani, Angela Staude ha tagliato corto: «Quel che ha guadagnato l'ha rimesso in circolo».

All'incontro stampa per il conferimento del premio (e di presentazione del suo libro La crisi globale e l'instabilità finanziaria europea, pubblicato da Hoepli) l'ottantaduenne Soros è stato quasi disarmante: «Accetto il premio con la consapevolezza di non esserne degno: non sono uno scrittore», ma fermo: riguardo all'Italian job del 1992 ha dichiarato: «Non sono pentito di quell'operazione, fu una buona speculazione. Del resto non usai nessuna informazione che non fosse già pubblica, solo comunicati stampa della Deutsche Bank. Non ho nessun ripensamento». Anche riguardo alla crisi finanziaria, in cui tutti siamo, viviamo e ci muoviamo, il magnate ha le idee chiare: «Non è colpa degli speculatori - ha argomentato - ma delle autorità che hanno fatto regole sbagliate. Regole che hanno permesso agli speculatori di fare quel che hanno fatto».

La discussione si è allargata ai possibili modi di uscire dalla crisi. Secondo Soros il periodo di calma relativa in cui l'Italia si trova (anche grazie allo spread sotto controllo) non durerà: «Ormai siamo in una situazione lontana da un equilibrio stabile». «Certo, non posso predire il futuro - ha concluso - anzi, faccio una battuta: posso prevederlo, ma non ho il potere di rivelarlo».

Il problema è l'accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese: secondo Soros (gran sostenitore degli Eurobond) la Bce dovrebbe finanziare le Pmi italiane esattamente come quelle del Nord Europa. Il passo successivo sarebbe la «mutualizzazione dei debiti sovrani». Programma su cui la Germania potrebbe avere qualcosina da ridire ma a cui prima o poi, sostiene Soros, si dovrà piegare, perché, ha spiegato: «Alla fine la Bce è un'istituzione sovrana». Bisogna prendere atto del fatto che «le politiche di austerity non stanno funzionando», come non funziona che «a prendere le decisioni siano i creditori».

Ma alla fine, ha fatto notare Il Giornale, l'Europa, con il suo lato normativo e tecnocratico sembra comportarsi come un nemico della «società aperta» descritta dal maestro Popper, e che Soros pone al centro delle sue teorie politico-economiche. «L'Unione Europea, nella sua concezione, è l'incarnazione della società aperta - ha risposto il magnate americano -, soltanto che, oltre alla realtà, anche le autorità sono imperfette. Queste ultime hanno paura di cambiare i trattati che fondano l'Europa, e di fatto finiscono per ignorare i principi della società aperta che dovrebbero difendere».

E per tornare all'Italia, di cui Soros si è dichiarato simpatizzante: «Sarebbe una buona economia se non avesse i problemi politici-finanziari che ha». E ha concluso: «L'unico aspetto irritante qui è che la gente tende a non pagare le tasse: alcuni italiani sono ricchi, o ex ricchi, ma lo Stato italiano è povero».

E la conclusione è assai tranchant: «E così la crisi dell'Eurozona ha favorito il ritorno di Berlusconi». Pare di capire che secondo il tycoon Soros il problema del tycoon Silvio Berlusconi è di non essersi ancora redento, magari indossando il saio come Guido Da Montefeltro?

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