Cultura e Spettacoli

"Quando il popolo è massa chiunque può essere duce"

Esce oggi Verso la notte e le sue ignote costellazioni, volume che riunisce gli scritti inediti del filosofo Andrea Emo

Se gli uomini fossero sempre stati sinceramente democratici (e liberali), forse saremmo ancora sugli alberi o nelle caverne. Se oggi possiamo concederci (e non per molto ancora) il lusso della democrazia e della volontà popolare, ciò può avvenire perché viviamo ancora sull'eredità di lunghe epoche non democratiche, non sconsacrate.

(Quaderno 246, 1962)

In una perfetta e utopistica democrazia in cui il popolo fosse veramente sovrano, forse l'unico sovrano, chi espierebbe per il popolo? Chi sarebbe abbastanza sacro per espiare le colpe del popolo? Forse il popolo stesso che la democrazia ha totalmente sconsacrato, razionalizzato? A cui ha lasciato soltanto la fede in se stesso. Il popolo sovrano, cioè il popolo unico Dio. Che vi è di sacro in una democrazia? La democrazia può soltanto sconsacrare; e in ciò consiste la sua perpetua menzogna.

(Quaderno 253, 1962)

Potranno le moderne democrazie udire il grido dei popoli oppressi... dalla loro propria interna democrazia?

(Quaderno 253, 1962)

La democrazia consiste nel rimettersi alle decisioni di un Calibano enorme e ottuso, che non sa capire nulla fuorché le evidenze, cioè quello che vi è al mondo di più fallace e di più falso. Inoltre, poiché il Calibano mostruoso non ha alcuna fantasia (ed è mostruoso appunto perché non ha fantasia), esso non sa formulare concetti o prendere decisioni; perciò risponde soltanto alle interrogazioni che gli vengono poste più o meno capziosamente dai suoi cortigiani, dai cortigiani della sua ottusità e mostruosità. Poiché questo Calibano, lasciato a se stesso, è più forte della stessa Provvidenza, di cui non sa che farsi (come la Provvidenza non sa che farsi di lui), e poiché è stupido e momentaneo, è naturale che in alcuni astuti nasca la tentazione di sostituirsi alla Provvidenza, nel farsi uomini provvidenziali per guidare e custodire il bestione. Quando il popolo è massa (e questa trasformazione è appunto il risultato del processo democratico), ogni uomo può diventare duce e Provvidenza, cioè imitare la Provvidenza nel suo sistema di servirsi della generale cecità, per vedere, prevedere e provvedere. Che l'uomo si sostituisca alla Provvidenza è un sacrilegio, ma insieme è un dovere che si può dire sacro. L'uomo provvidenziale è sacrilego sia quando agisce nel “suo” senso, sia quando rinuncia alla sua missione; la sua elezione è la sua maledizione. Ed egli è sacro appunto perché maledetto.

(Quaderno 253, 1962)

I cancri della Storia: Islam, Cattolicesimo, Comunismo. Rifiuto di negarsi, rifiuto del divenire, della mutazione, negazione della superiorità del tempo, del divenire rispetto ai nostri sistemi e ai nostri universali. Rifiuto della relatività, rifiuto del negarsi, dell'essere come negarsi. Comunismo, cattolicesimo eccetera; come supremo conservatorismo. Reazione al tempo, programmazione eccetera, reazione al futuro.

Cancro come malattia, è il rifiuto delle cellule di distruggersi con la vita, con il tempo.

(Quaderno 258, 1963)

Teorie liberali - Io devo lottare perché il mio vicino possa esprimere, cioè far valere, un'opinione diversa dalla mia. Ma, poiché nel caso della lotta politica, la diversità di opinioni si riferisce all'essenza delle cose, alle radici, ai fondamenti, io devo lottare perché il mio vicino possa far valere un'opinione radicalmente diversa dalla mia. Cioè, posso far valere l'opinione che egli non ammette che altri possa avere un'opinione diversa dalla sua. Pertanto, se io lotto perché egli possa far valere un'opinione di questo genere, io suicido me e suicido le mie idee; cioè, in questo caso, il mio liberalismo. E allora, per far valere le mie opinioni liberali, devo combattere, cioè abbattere il mio vicino che ha delle opinioni illiberali (cioè opinioni diverse dalla mia). E anche in questo caso io uccido (cioè suicido) il mio liberalismo. Quindi, in ogni modo, il paradosso liberale, se sviluppato, arriva allo scacco matto.

(Quaderno 238, 1961)

Il fascismo ha accumulato in sé tutte le obiezioni contro un mondo “moderno”, ormai irrespirabile e degenerante, e con ciò ha riunito contro di sé tutte le opposizioni, le posizioni, le resistenze, le nostalgie, le speranze, che l'astro tramontante che si denomina democrazia ancora rappresenta ed esprime per molti strati e categorie della società; il fascismo ha fatto l'unione contro di sé di tutte quelle dottrine sociali che non sanno ormai più essere unite con se stesse, essere riconciliate con se stesse, che non hanno più il loro equilibrio in se stesse. E cercano la loro ragion d'essere, la loro unanimità compromessa, il loro fondamento fuggente, in questo punto di fuga dell'odio verso un singolare bersaglio. Il punto di fuga su cui si appoggia la loro prospettiva; quindi il fascismo sa che la sua esistenza condiziona, come oggi si dice, l'esistenza dei suoi avversari. I quali non sono coetanei, non hanno vissute insieme le stesse esperienze storiche; per molti di essi, per esempio, i cattolici, le esperienze e gli inebriamenti democratici, l'autonomia della politica e della ragione del sistema non democratico della chiesa, sono una scoperta recente; essi non hanno bevuto che in parte il dolce calice che un angelo democratico ha loro offerto come un vivificante di contrabbando.

(Quaderno 349, 1972)

La più grave colpa del fascismo è stata la creazione dell'antifascismo, del quale moriamo.

(Quaderno 362, 1974)

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