di Marcello Veneziani
H o letto un'incredibile notizia su la Repubblica. Viene presentato come crimine di revisionismo un convegno su Giovanni Gentile organizzato dall'Università della Sorbona a Parigi a cui ha contribuito anche l'Istituto di cultura italiano. Un non meglio precisato gruppo di studiosi (una banda, un nucleo armato, un clan, un soviet?) ha protestato per la seguente definizione di Gentile: «il filosofo dell'idealismo che fu teorico dell'atto puro, rifondatore del liceo italiano e che finì tragicamente i suoi giorni, vittima della guerra civile nel 1944, assassinato a Firenze da una banda di partigiani». La presentazione, scrive la Repubblica, ha «ovviamente suscitato molte proteste». Mi chiedo dov'è la ragione dell'ovvia protesta? Non c'è una virgola che non sia storicamente vera. Non si può dire la verità pura e nuda? Dove finisce la storia e la sua pensosa sorella, la filosofia, con queste miserabili censure? È proibito dire che Gentile fu «assassinato da una banda di partigiani», bisogna forse dire che fu giustiziato da eroici combattenti, offendendo sia Gentile sia coloro che hanno eroicamente combattuto senza uccidere inermi filosofi? La Sorbona dedica finalmente un convegno al nostro grande filosofo e noi ci indigniamo.
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