Roma

Cura del ferro o facce di bronzo?

Domenica scorsa abbiamo aperto la Cronaca di Roma con un titolo che conteneva una notizia preoccupante: la stazione della metro C di piazza Venezia non si farà a causa dei ritrovamenti archeologici. Il cantiere è già stato preso in consegna dalla Sovrintendenza e ora si dovranno studiare soluzioni alternative. Altre due stazioni della tratta centrale della stessa linea («Argentina» e «Chiesa Nuova») rischiano la stessa sorte. C’è il concreto pericolo di dover ripensare l’intero tracciato. Queste notizie, che il Campidoglio si è ben guardato dal rendere note, le abbiamo apprese consultando il sito di Roma Metropolitane. Ieri abbiamo di nuovo parlato delle nubi che si addensano sul futuro della linea C. Basta andare sul sito www.romametropolitane.it per avere un riscontro certo. Ci siamo permessi di ironizzare sul fatto che, mentre le uniche due linee in servizio continuano a registrare guasti di ogni genere, e mentre quella progettata incontra difficoltà impreviste, Veltroni lancia proclami su nuove linee automatizzate che, non prima del 2019, garantiranno a Roma una rete di trasporto a livello europeo.
Su piazza Venezia si registra un imbarazzato silenzio. Solo il presidente di Roma Metropolitane Chicco Testa ha spiegato che il rispetto dei tempi di realizzazione della linea C dipenderà anche «dall’intelligenza delle Sovrintendenze nel saperci indicare le strade meno rischiose per il patrimonio storico della città». Ma ormai la frittata è fatta. E allora Veltroni e il suo assessore alla Mobilità Calamante preferiscono inaugurare il cantiere della nuova stazione di piazzale Flaminio (dove la stazione c’è già: quindi si tratterà di un ammodernamento) e continuano a parlare del futuro. «Fra un paio di anni - annuncia Calamante - metteremo quattro nuovi treni». E Veltroni: «Dopo un ritardo di cento anni, si avvera il sogno della mobilità su ferro».
Ma al di là degli annunci, qual è la situazione reale? Tanto per cominciare, ieri sulla Roma-Viterbo sono stati soppressi 14 treni urbani e 4 extraurbani. Il foglietto che avverte di solito i pendolari è stato tolto di mezzo perché c’era l’inaugurazione. La comunicazione sui treni cancellati era affissa solo sul gabbiotto del capostazione. Da mesi vengono cancellate ogni giorno decine di corse e nessuno dà spiegazioni. Ieri piazzale Flaminio è stato ripulito: niente venditori ambulanti, nomadi e barboni ma solo forze dell’ordine. Chi ha partecipato alla conferenza stampa sul potenziamento della ferrovia, però, è arrivato in auto blu: ce n’erano 11 parcheggiate dentro Villa Borghese, lungo viale Washington, cioè dove possono transitare solo mezzi pubblici. Quattro auto blu erano parcheggiate alla fermata del 95. Accanto allo stand c’era anche la fermata delle linee J, quelle giubilari: una palina installata su un cerchione di un bus. Peccato che i bus J siano stati soppressi nel 2001. Ma nessun amministratore dei trasporti se ne è accorto. Dulcis in fundo, i tempi di percorrenza.

Per andare a Viterbo con questa ferrovia si impiegano 2 ore e 40 minuti, cioè lo stesso tempo che ci mette il treno da Roma a Bologna.
E ora giudicate voi: cura del ferro o facce di bronzo?

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