Economia

Dopo la cura Usa, piano di rilancio e sbarco in Cina

da Milano

Sarà avviato in questi primi giorni del 2007 il trasferimento dello stabilimento Ansaldo sistemi industriali da Trieste a Monfalcone, operazione prevista e approvata nel piano industriale per la riorganizzazione e razionalizzazione dei processi con l’obiettivo di contenere i costi. Il progetto - che avverrà in circa sei mesi - si è reso necessario per ottimizzare la produzione industriale, anche a fronte del forte incremento della domanda, attraverso una serie di migliorie dello stabilimento di Monfalcone dove verranno trasferite tutte le attuali maestranze e le relative produzioni (motori e generatori elettrici e drive di potenza di media tensione).
L'investimento per questa operazione è di circa 7 milioni di euro provenienti in parte dalla vendita dello stabilimento di Trieste a una società locale di impiantistica e in parte da finanziamenti.
«In questa fase - dice Claudio Andrea Gemme, amministratore delegato di Ansaldo sistemi industriali - desideriamo ringraziare i dipendenti coinvolti in questa delicata operazione che rappresenta però un momento importante per il rilancio produttivo dell'azienda e che ci consentirà di far fronte alla crescente domanda che stiamo registrando sul mercato. E sappiamo che è in corso un importante riassetto urbanistico e logistico della zona. È determinante, perché coinvolge le nostre aree e quelle contigue di Fincantieri, con cui vantiamo da sempre ottimi rapporti di collaborazione». Ansaldo sistemi, infatti, è il fornitore dei motori delle grandi navi, da crociera e militari, costruite da Fincantieri.
Si tratta di un’altra tessera che va a inserirsi in una delle tante storie tutte italiane, quella di Ansaldo sistemi appunto. Una costola della grande Ansaldo fondata nel 1853 e che, attraverso mille vicissitudini, oggi è tra i leader mondiali nell’automazione industriale, attiva nella progettazione, realizzazione e distribuzione di sistemi elettrici, elettronica di potenza, motori e generatori. Figlia degli anni in cui la politica si esercitava a ridurre in «spezzatini» le Partecipazioni statali, Ansaldo Sistemi è sopravvissuta a varie crisi più o meno pesanti.
«Sarebbe bello - aggiunge Gemme - ricomporre lo spezzatino per il bene del Paese. Le nostre aziende, una volta ripulite e alleggerite dai fardelli del passato, sarebbero senza dubbio in grado di competere con i colossi internazionali. Questo è il sogno: ricompattare i marchi gloriosi che, guarda caso, sono sempre più apprezzati dagli americani. I quali guardano alle aziende italiane con grande interesse e sono sempre pronti a concludere altre importanti operazioni. Nei piani di sviluppo del nostro azionista, infatti, Ansaldo Sistemi industriali può diventare una sorta di ombrello sotto il quale raccogliere una serie di aziende finalizzate al consolidamento di un forte raggruppamento del settore dell’automazione».
Strappata dal fallimento del gruppo americano Hve (che l’aveva acquistata da Finmeccanica) poco più di un anno fa, Ansaldo sistemi, con il piano di ristrutturazione e rilancio messo a punto dalla nuova proprietà, il fondo d’investimento Usa Patriarch partners, è tornata agli antichi fasti.
«Ora vediamo un mercato in crescita - aggiunge Claudio Andrea Gemme - sia nel settore civile, sia in quello militare. Tocchiamo con mano la nostra costante crescita, non solo nel navale. E i mercati non sono solo quelli tradizionali. Ci sono, per esempio, Cina e India. Vedo che c’è un’affannosa rincorsa di molte aziende a stabilire alleanze soprattutto a Pechino e dintorni. Ansaldo Sistemi ha preferito fare un’operazione diversa aprendo una società tutta nostra. Questo ci consente di starcene al riparo da eventuali sorprese che potrebbero esserci in caso di joint venture. Ci sono poi alleanze a livello più paritetico. Per ora registriamo buoni risultati (circa 25 milioni di euro l’anno, ndr), ma puntiamo decisamente a raddoppiare».


Ansaldo Sistemi ha chiuso l’esercizio 2005-2006 con ricavi consolidati pari a 219 milioni di euro (più 19,6%) mentre l’utile netto passa da un pesante meno 21,3 milioni dell’esercizio precedente a più 14,3 milioni.

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