Quando i dolori addominali sono frequenti e si associano ai disordini della sfera gastro-intestinale è lecito pensare alla sindrome dellintestino irritabile (la vecchia definizione era «colon irritabile») facilmente riscontrabile nel 15-20 per cento della popolazione italiana, con netta prevalenza nel sesso femminile. Questa sindrome ha conseguenze sulla psicologia dei pazienti che alternano diarrea a stipsi e avvertono un fastidioso senso di gonfiore addominale, quindi, sulla loro qualità di vita.
La diagnosi si basa essenzialmente sul «racconto» dei malati. La terapia è il più delle volte sintomatica in quanto leziologia di questa sindrome è tuttora sconosciuta.
In questi giorni sono stati resi noti i primi risultati dello Studio Darwin, condotto in Europa su quattrocento pazienti, che sono stati curati per tre mesi con un antagonista del recettore di tipo 1 della colecistochinina, recettore che influenza non solo la mobilità gastrointestinale ma anche la sintomatologia viscerale. Questo principio attivo (nome chimico: dexloxiglumide), dopo una pausa, è stato somministrato per altri sei mesi, seguendo uno schema in doppio ciclo.
Nel 17 per cento dei pazienti sono stati rilevati significativi miglioramenti della funzionalità gastrointestinale e un netto controllo del dolore addominale. Per questi risultati, dice il professor Lucio Rovati, direttore scientifico di Rottapharm che produce il farmaco in Italia e negli Usa attraverso Forest Laboratories, lo Studio Darwin «ha suscitato molto interesse non solo nella comunità scientifica ma anche nelle agenzie che devono autorizzarne limmissione in commercio).
Dexloxiglumide, quando verrà approvato, sarà il primo di una nuova classe di farmaci per la cura della sindrome dellintestino irritabile, per la quale non esiste ancora una terapia specifica. Tanto in Europa quanto in Usa sono stati prima introdotti e poi ritirati (perché risultati mal tollerati) alcuni farmaci annunziati come miracolosi. Il principio attivo impiegato nello Studio Darwin, invece, ha già dimostrato di essere ben tollerato in più di 2.500 pazienti.
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