La curiosa strategia della Cina nemica della guerriglia maoista

Pechino punta a contenere l’influenza dell’India. Il ruolo delle forze di sicurezza

Andrea Nativi

Mentre continuano le manifestazioni popolari di protesta contro la casa reale e i partiti dell’opposizione respingono le timide aperture di re Gyanendra, il Nepal rischia la destabilizzazione, con entrambe le maggiori potenze regionali, India e Cina, che vogliono indirizzare gli affari locali. Stati Uniti e Gran Bretagna, d’altro canto, tutto auspicano tranne la disintegrazione del Paese e l’affermazione di un governo comunista estremista.
Il ruolo futuro della monarchia a questo punto è poco rilevante. Molte cancellerie preferirebbero un compromesso che consentisse di mantenere la monarchia, priva dei poteri assoluti, e di formare un governo di coalizione che porti il Paese verso le elezioni generali e una revisione della Costituzione.
Ma occorrerebbe un miracolo. Anche perché una soluzione politica richiede la neutralità delle forze di sicurezza, che contano 80.000 uomini nell’esercito reale, 45.000 nelle forze di polizia e altri 17.000 in quelle speciali di polizia. Tutt’altro che chiaro anche l’atteggiamento della guerriglia del CPN(M), il partito comunista maoista, che può contare da sei a10mila combattenti attivi, 15-20.000 militanti e almeno 100.000 simpatizzanti, concentrati nelle zone povere e rurali del Paese. Il governo centrale controlla solo la capitale, la valle di Katmandu e i centri principali: non più del 50% del territorio.
Per ora la tregua d’armi unilaterale dichiarata dalla guerriglia a settembre, ufficialmente scaduta a fine gennaio, regge. Il CPN(M) ha accettato di ridurre le attività militari perché questa era la condizione imposta dai partiti ufficiali per dar vita a una coalizione di unità nazionale che portasse alla Costituente e alle elezioni. Ma non è detto che l’accordo regga. Non solo, ci sono gravi attriti tra i vertici del CPN(M), con il leader più popolare e carismatico, Pushpa Kamal Dahal, detto Prachanda, che sta esautorando l’ideologo, Baburam Bhattarai. E scissioni e conflitti sono comuni tra i partiti comunisti nepalesi.
Alle tensioni interne si aggiungono le pressioni esterne: l’India considera il Nepal una specie di protettorato, ha fornito consistenti aiuti militari e forma nelle sue accademie gli ufficiali dell’RNA. Dopo il colpo di Stato monarchico del febbraio 2005, New Dehli, con Usa e Gran Bretagna, ha sospeso ogni assistenza militare. Il re però si è subito rivolto a Pakistan e Cina, che hanno risposto positivamente. La Cina ha sempre appoggiato il governo contro la guerriglia maoista, e vorrebbe fare del Nepal un altro bastione della sua strategia di contenimento/accerchiamento dell’India. Ecco perché il mondo guarda con attenzione a quanto accade a Katmandu.


La guerriglia del CPN(M) però si autofinanzia con l’imposizione di tasse rivoluzionarie, traffico di droga, rapine, rimesse dalla diaspora indiana, ed è in grado di mettere in ginocchio il Paese se non otterrà risultati politici. Il mosaico quindi è complesso e ha una rilevanza che va ben al di là del piccolo e povero Paese.

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