da Milano
Sei punti in cinque partite, terzo pareggio consecutivo, mai vinto a San Siro in campionato. Sono questi i numeri della partenza falsa del Milan in campionato. Ha ragione Paolo Maldini: nella singola sfida il Milan può piegare chiunque, alla lunga paga dazio, la stanchezza e l'usura vengono alla luce. I numeri inchiodano alla responsabilità anche il Milanuno, dopo il processo al Milandue, accusato di non essere riuscito a conquistare Siena. Ancelotti preferisce affidarsi ai campioni d'Europa che in Champions e in supercoppa d'Europa non sbagliano un colpo ma il prodotto non cambia, in campionato. La serata no di Kakà, la scarsa tenuta atletica del gruppo storico e qualche disattenzione in difesa (a Nesta succede) procurano il pareggio strameritato del Parma. Già perché nel tambureggiante finale capita alla squadra di Di Carlo di sfiorare il successo pieno. Gli arrivi nella mischia di Emerson, Giardino e Cafu non sortiscono effetto alcuno. Oddo, alla fine, risulta il migliore dei suoi.
Chi volesse scoprire la differenza, semplice e didascalica, tra la Champions che il Milan non patisce e nella quale anzi si esalta e il campionato che invece lo deprime rifletta su una cifra, raccolta dagli specialisti del tabellino nel primo tempo di ieri. Diciannove i falli commessi dai giocatori del Parma in 45 minuti: un numero troppo alto che si spiega da un lato col pressing feroce dettato da Di Carlo ma che appare impraticabile in Europa. Al secondo, ripetuto fallo su Kakà, come succede puntualmente, i fischietti Uefa cominciano ad ammonire. Cosa che invece dalle nostre parti (Damato è un esordiente e solo per questo si può assolvere) non succede, purtroppo. Rinfrancato dall'affetto recuperato della curva amica, il Milan ha bisogno comunque di metà frazione per sintonizzarsi sull'anticipo di ieri sera e mettersi al pezzo, come si dice in gergo. Nel frattempo il Parma stesso, schierato con il tridente da Di Carlo, non sta certo a guardare. E anzi tira fuori la testa dalla metà campo con un bel tiro di Pisanu. Giusto. Con quel Dida non si sa mai. Come nei film western, c'è bisogno di uno che suoni la carica per svegliare i campioni d'Europa. Provvede alla bisogna Pippo Inzaghi, tanto per cambiare, capace di pizzicare il palo sulla palletta di Jankulovski passata quasi inosservata tra un boschetto di gambe. Da quel momento il Milan dà fuoco alle polveri e realizza una sequenza che lascia incenerito il bravo Pavarini proprio sul gong. Merito di un cross di Kakà, di una girata velenosa di Pippo respinta dal portiere e di un maldestro rinvio di Castellini su cui si avventa Seedorf trasformando quel contrasto in un sigillo di grande importanza. Il finale con brivido è garantito da Dida e dalla sua uscita pittoresca nel mucchio: Morrone, a porta vuota, scivola all'atto di calciare e spreca l'occasione clamorosa.
Il Parma ha il pregio di non prendersela e di aspettare il momento giusto per riparare all'errore commesso. Accade nella seconda frazione quando il Milan non ha le forze per chiudere il match mentre i ragazzi di Di Carlo hanno le vitamine per difendere e ripartire. Se poi succede, proprio come contro la Fiorentina, allora il pareggio diventa tutt'altro che una chimera. Perché Reginaldo scherza sul fondo Nesta e Pisanu brucia tutti sul tempo cogliendo la buca lontana di Dida, nell'occasione senza peccato e perciò in grado di scagliare la prima pietra.
È il Milan a rischiare la vita su un paio di contropiedi che tolgono il fiato allo stadio e ai milanisti. Fernando Couto e Corradi mancano la stilettata. L'ultima palletta buona è per Gilardino: ne viene fuori una «mozzarella» che il portiere può tenere, a fatica, tra le mani. È il sigillo a un'altra serata da dimenticare.
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