Czeslaw Jozwiak, Edoardo Kazmierski, Francesco Kesy ed Edoardo Klinik erano studenti salesiani. Arrestati dalla Gestapo, furono ghigliottinati a Dresda nel 1940. Stessa sorte ebbe il loro collega Jarogniew Wojciechowski, che studiava a Poznan. Avevano tutti tra i diciotto e i vent'anni. Poco più anziano era Massimiliano Binkiewicz, nato nel 1908 e prefetto degli studi nel seminario di Wielun, diocesi di Czestochowa. Morì nel lager di Dachau, in seguito alle torture subite, nello stesso giorno ma un anno dopo. Anche questi fanno parte del gruppo di centootto martiri polacchi della seconda guerra mondiale che fanno capo al vescovo di Plock, Anton Julian Nowowjeiski, e sono stati beatificati da Giovanni Paolo II nel 1999. I primi quattro erano laici, poco più che ragazzi, accusati di alto tradimento, condannati a morte e decapitati in carcere. Chissà, forse avevano anticipato le mosse del più celebre gruppo de «La Rosa Bianca», anch'esso composto da studenti e operante a Monaco. Un recente film ne ripercorre il processo-farsa, imbastito per un volantinaggio antinazista all'università. Ma sono ben rare le fiction che parlano della resistenza tedesca o polacca al nazismo, preferendo, le sceneggiature, avallare la tesi dei «volenterosi carnefici di Hitler» e fare d'ogni erba un fascio.
Eppure, una bella fetta delle nobiltà prussiana dell'epoca fu tutt'altro che favorevole al piccolo caporale austriaco. E una approfondita ricerca nelle zone germanofone di certo riserverebbe qualche sorpresa, visto che qui abbiamo dato conto di martiri tedeschi, tirolesi, austriaci.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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