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D’Alema asfalta il passato coloniale in Libia

Si è discusso anche di Irak, Palestina e del prossimo vertice tra Europa e Africa

da Roma

Una strada che attraverserà tutta la Libia, come «compensazione» per i danni del colonialismo italiano. Andrà da Ras Jdir ad Assalum e sarà il concreto risarcimento offerto dal nostro governo a Muhammar Gheddafi, per «voltare pagina» con un passato che crea ancora forti attriti tra i due Paesi.
La realizzazione del tratto libico della litoranea che porterà dall’Egitto all’Algeria sembra più vicina, dopo l’incontro di domenica sera a Tripoli tra il leader della Jamahiriya e Massimo D’Alema. Il vicepremier e ministro degli Esteri si trova in Libia per vacanza da alcuni giorni con la famiglia e, dopo un’escursione nel deserto, è stato ricevuto dal Colonnello sotto la tenda della caserma Bab al Azizia. Un incontro informale, che la Farnesina definisce «molto cordiale e amichevole» e nel quale, riferisce l’agenzia ufficiale libica Jana, il titolare della Farnesina ha «aggiornato Gheddafi sulle misure adottate dal governo italiano per arrivare alla messa in atto dei punti ancora non applicati della dichiarazione congiunta italo-libica e della grande iniziativa che è la costruzione della strada».
Nelle prossime settimane potrebbe essere creata una commissione congiunta italo-libica, sotto la responsabilità dei due ministri degli Esteri, per studiare tutti gli interventi necessari. E, fa sapere la Farnesina, l’intesa «da parte italiana sarà sottoposta all’esame del Parlamento».
Nel colloquio tra il Colonnello e D’Alema si è parlato anche di Irak e Palestina e del quarto vertice europeo-africano in preparazione a Lisbona. D’Alema ha riaffermato «il pieno sostegno dell’Italia ai vincoli tra l’Ue e l’Unione Africana», per il rafforzamento di «una cooperazione equa» tra i due blocchi. L’incontro, per il ministro, è stato nel complesso «molto positivo».
Gli accordi tra Italia e Libia sono stati presi dal primo governo Prodi il 4 luglio 1998. Nel marzo 2006, dopo gli incidenti davanti dal consolato italiano di Bengasi, l’allora premier Silvio Berlusconi ha assicurato la costruzione della strada di 1.700 chilometri, del costo di circa 3 miliardi di euro. Nell’agosto 2006, in un colloquio telefonico con il nuovo premier Romano Prodi, Gheddafi ha rinnovato la richiesta. A novembre D’Alema ha incontrato il Colonnello, insieme al ministro degli Interni Giuliano Amato, al margine della conferenza internazionale sull’immigrazione di Tripoli. È iniziato allora il processo per ricucire le relazioni deteriorate tra i due Paesi: l’ambasciata della Jamahiriya a Roma è da tempo chiusa al pubblico, ufficialmente per lavori di ristrutturazione, sono stati smantellati i consolati nella capitale e a Milano e fioccano le proteste di imprenditori e semplici cittadini che non sanno come ottenere il visto per la Libia. Da ricordare che proprio D’Alema a dicembre 1999, è stato il primo capo di governo occidentale a recarsi da Gheddafi dopo le sanzioni imposte nel 1992 dall’Onu per l’attentato terroristico di Lockerbie.
La ricostruzione dell’antica via Balbia, superstrada che univa Tripoli a Bengasi durante il governatorato di Italo Balbo sulla Libia, è il «grande gesto» che Gheddafi chiede da anni all’Italia, come una delle condizioni per il superamento delle questioni pendenti tra i due Paesi. L’Italia si è impegnata anche alla bonifica dei campi minati e alla costruzione di un centro specialistico a Bengasi per le protesi alle vittime delle mine. Il governo di Tripoli, invece, ha garantito che avrebbe concesso agli espulsi italiani dalla Libia i visti per rientrare nel Paese.


Il dossier Libia per l’Italia è delicatissimo: il Paese nordafricano è il nostro maggior fornitore di idrocarburi e dalle sue coste partono verso la Sicilia migliaia di immigrati illegali.

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