D’Alema attacca gli Usa «Usano il fosforo in Irak sono come i kamikaze»

Il presidente Ds a «Matrix» con Fini, che lo incalza: «La sinistra ha criminali nell’album di famiglia»

D’Alema attacca gli Usa «Usano il fosforo in Irak sono come i kamikaze»

Adalberto Signore

da Roma

Il primo faccia a faccia tra Gianfranco Fini e Massimo D’Alema non delude le aspettative. E tra battute sarcastiche, ironie neanche troppo sottili e pure qualche scontro, la registrazione di Matrix agli studi del Palatino scorre via che sembra un attimo. Con il leader di An e il presidente dei Ds che - sotto la «supervisione» di Enrico Mentana - si beccano più d’una volta, si rinfacciano a vicenda le «alleanze scomode» ma non si tirano indietro quando si tratta di difendere i rispettivi candidati premier.
Album di famiglia. Sull’intervento in Irak, invece, è scontro all’arma bianca. Lo apre il ministro degli Esteri che non usa mezze misure nel condannare l’intervista di Marco Ferrando al Corriere della Sera (in nome dell’autodeterminazione dei popoli, il trotzkista del Prc ha definito «un diritto degli iracheni sparare ai nostri soldati»). «Nell’album di famiglia della sinistra - attacca il vicepremier - ci sono anche autentici criminali». E ancora: «Ferrando e Francesco Caruso sono rappresentanti di quella componente, presente nell’album di famiglia della sinistra, anche se per fortuna molto limitata, che andava a scrivere sui muri “Mille Nassirya”». E su questo nell’Unione c’è «una compiacenza eccessiva». Poi il batti e ribatti. «Secondo te i kamikaze sono assassini?», chiede Fini. «Sì, lo sono», risponde D’Alema. E aggiunge: «Ma sono assassini anche coloro che usano il fosforo bianco verso la popolazione civile, come è già successo a Falluja». E lì «il fosforo lo hanno usato gli americani» e «il nostro Paese ha avallato questa strategia». Insiste il leader di An: «Certamente tu non condividi che sia lecito sparare ai militari italiani. Allora dillo a Bertinotti, dillo a Prodi. Ed evitate di candidare quel signore e di portarlo in Parlamento». Il presidente dei Ds non nasconde le sue perplessità e ammette di essersi chiesto «perché questo Ferrando voglia aiutare Berlusconi a vincere le elezioni». «Mi chiedo chi lo ha mandato», dice polemizzando in modo neanche troppo velato con Fausto Bertinotti, deciso (almeno fino a ieri) a candidarlo al Senato.
Vincere al lotto. Da Ferrando si arriva a discutere delle alleanze. E Fini si rivolge a D’Alema con una provocazione: «Mi impegno personalmente a far sì che nel centrodestra non ci sia un’intesa con le forze neofasciste se tu fai altrettanto con Rifondazione. Il fatto è che senza il Prc non vincete neanche al lotto». Il minuetto tra i due prosegue senza sosta, con D’Alema che rinfaccia a Fini di avallare le trattative di Berlusconi con formazioni di estrema desta (Alternativa sociale, Movimento sociale e Fronte nazionale) e il secondo che replica a stretto giro che «lo squadrismo» è quello di Caruso. «Attento D’Alema - dice sarcastico - che quello lì ti vuole espropriare anche la barca. Devi prendere le distanze da questi “comunisti”». «Ci penseranno gli elettori - ribatte il presidente dei Ds - che daranno forza alla lista riformista dell’Ulivo».
Sentimento di ammirazione. Archiviate le prime battute su Ferrando e l’intervento in Irak, i due ritrovano il consueto fair play che sempre ha contraddistinto i loro pur aspri confronti. Anzi, su Berlusconi va in scena un vero e proprio siparietto. Con D’Alema che si confessa: «Riesce a suscitare in me un sentimento di ammirazione. Ha ragione Bondi, nel centrodestra ci saranno pure tre punte, ma c’è un solo goleador, lui. Berlusconi è veramente pervasivo e riesce tutti i giorni a imporre gli argomenti della campagna elettorale. I giornali parlano solo di quello che dice lui». Pronta la replica di Fini: «Capisco che D’Alema provi ammirazione per Berlusconi, del resto basta confrontarlo con Prodi...». Immediata la controreplica: «Berlusconi è l’uomo delle campagne elettorali, poi però, finito lo show, bisogna governare. L’ideale è questo: lo show lo fa Berlusconi e poi il Paese lo facciamo governare a Prodi».
Guardaspalle sull’attenti. Il «palleggio», però, non finisce qui. E se D’Alema rinfaccia a Fini di essersi sempre «messo sull’attenti» davanti al premier, il leader di An non esita a rispondere che «per evitare un governo Prodi-Bertinotti» è pronto «non solo» a mettersi sull’attenti «ma a guidare la carica». Chiude lo scambio il presidente dei Ds: «Abbiamo chiarito qual è il ruolo di Fini: fare il guardaspalle di Berlusconi».
Approdo a Palazzo Chigi. Poi si torna sull’ipotesi che qualche mese dopo le elezioni D’Alema possa approdare a Palazzo Chigi al posto di Prodi. «Semplicemente non è vero - taglia corto il diretto interessato - perché Prodi è stato scelto con le primarie. Piuttosto è il centrodestra che ha tre candidati». «Noi - è la replica - faremo le primarie chiamando al voto 55 milioni di elettori. Detto questo, Casini ed io diciamo chiaro che il candidato premier è Berlusconi».
Speranza e illusione. Sulla proposta di Prodi di abbattere il cuneo fiscale di cinque punti, gli animi si scaldano di nuovo. «L’ha sparata grossa», dice Fini, perché «per farlo in un anno servono dieci miliardi e non li troverà mai».

Ma D’Alema insiste: «Aumenteremo la pressione fiscale sulle rendite finanziarie e la diminuiremo sul lavoro. Perché vuoi togliere la speranza agli italiani?». Chiosa Fini: «Speranza? Chiamiamola illusione, che è meglio».

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