«D’Alema avvertì Consorte: si riferiva alle intercettazioni»

Ecco la conversazione incriminata Il Gip: «L’invito era al cauto uso di telefoni e a incontrarsi di persona»

da Milano

All’inizio scherza, Massimo D’Alema. «Non ci siamo parlati, eh?», dice al telefono. Serve prudenza, al cellulare. Sono i giorni in cui Unipol tenta la scalata del colosso Bnl. Le telefonate si susseguono. Il presidente Giovanni Consorte insiste, vuole fare il punto dell’avventura finanziaria. Sulla linea corrono informazioni privilegiate. Per la Procura, reati di insider trading. Parla dell’Opa, Consorte, e il ministro mostra i primi imbarazzi. Frasi spezzate, qualche risata, dice che è meglio trovarsi «direttamente», di persona, perché «ti devo dire una cosa...». Alla fine, il consiglio. «Devo dirti delle prudenze... Forse ti è arrivata la voce». E l’incontro, presumibilmente, avviene. «Dalle 6 in poi - dice D’Alema - sono libero». La conversazione è del 14 luglio 2005. Sono le 9.46. Per il gip Forleo, la telefonata evidenzia che «D’Alema invita Consorte con linguaggio criptico ma facilmente intellegibile a utilizzare cautamente altri telefoni dandosi appuntamento a Roma per parlare di persona». Per il gip alcune frasi non possono che essere riferite «a notizie avute in ordine a possibili e anzi probabili operazioni di intercettazioni in corso».
Consorte(C): «Pronto?».
D’Alema (DA): «Buongiorno».
(C): «Ciao Massimo. Buongiorno».
(DA): «Parlo con l’uomo del momento?».
(C): «L’uomo del momento? Lo sfigato del momento...(ride)...».
(DA): «A che...a che punto siete? No, ma non mi dire nulla a che punto siete. Ti volevo dire una cosa...».
(C): «È tutto chiuso».
(DA): «È venuto a trovarmi Vito Bonsignore che dà un consiglio (...) voleva sapere se io gli chiedevo di fare quello che tu gli hai chiesto di fare oppure no...(ridacchia)».
(C): (ride).
(DA): «Che voleva alcune altre cose, diciamo».
(C): «Ecco, immaginavo. Non era disinteressato».
(DA): «A latere su un tavolo politico».
(C): «Eh, eh».
(DA): «Ti volevo informare che io ho... ho regolato da parte mia. Lui mi ha detto che resta, ha detto che resta»
(C): «Ah, sì. Uhm. Bene»
(DA): «È disposto a concordare con voi un anno, due anni... Il tempo che serve».
(C): «Sì, sì. No mai io lì sono stato. In effetti ho detto “guardi decida come ritiene meglio. Se vuole uscire noi onoreremo gli impegni subito come facciamo con gli altri (contropattisti, ndr), se le rimane ci fa piacere”».
(DA): «Eh... Gianni, andiamo alla... al sodo, se vi serve resta...».
(C.): «Sì, sì, sì. Basta».
(DA): «Poi noi non ci siamo parlati, eh?».
(C): «No, assolutamente».
(DA): «Però ecco...(ridacchia)... Ecco però ti volevo dire questo».
(C): «Lunedì lanciamo l’Opa. Abbiamo finito».
(DA): «Io poi ti devo dire una cosa... ah... se tu trovi un secondo... direttamente».
(C): «Va bene. No ma tanto... eh... è vedere quando ci sei tu a Roma, perché so che sei molto in giro».
(DA): «No, io sono a Roma. Anche oggi alle sette...».
(C): «Eh, oggi è impossibile che sto in giro per il mondo a mettere a punto i soldi. Domenica tu sei a Roma?».
(DA): «Domattina alle otto. Eh?».
(C): «Tu domenica sei a Roma? O mi devi parlare prima?».
(DA): «Be’, volevo dirti... delle prudenze che devi avere, forse...».
(C). «Uhm».
(DA). «Forse ti è arrivata voce, diciamo».
(C). «Uhm».
(DA). «Devo farti un elenco (ride) delle prudenze che devi avere».
(C): «Che devo... che devo avere. Uhm».
(DA): «Sì. Delle comunicazioni».
(C): «Va bene. Adesso allora guarda...».
(DA): «Oh.... (pp.ii) eh?».
(C). «Ti richiamo tra... tra una mezz’oretta e vedo come sono me... cioè come faccio ad organizzarmi».
(DA): «Io sono a un convegno su Amendola e... Sono a Roma tutto oggi... devo vedere lo sceicco del Qatar, devo fare un pochino di cose, ma....».
(C): «Comunque la tua segretaria la tua agenda ce l’ha tutta...».
(DA): «Sì... dalle sei sono libero».
(C): «Massimo, adesso parlo con la tua segretaria e vedo come organizzarmi. Uhm.».
Ore 10.33. «Consorte informava il sen. La Torre dell’invito di D’Alema a vedersi di persona per «dei consigli». Consorte faceva presente che, non potendo raggiungere Roma, sarebbe stato il caso che lo stesso La Torre si facesse dire da D’Alema il tutto, per poi riferirglielo su un telefono «sicuro».
La Torre (T): «Pronto?».
Consorte (C): «Ciao Nicola».
(T): «Amore mio, dimmi tutto».
(C): «Signor Nicola, sono Gianni. Ascolta, mi devi un favore».
(T): «Sì».
(C): «Io ho parlato con Massimo, no?...(...) Il problema è questo, lui mi ha detto: “sai Gianni ti volevo vedere per darti tre/quattro consigli”... Immagino che ha fatto un po’ di incontri, di sondaggi eccetera. Io però sono murato, non riesco a muovermi in questi due/tre giorni.... perché ho provato a vedere l’agenda se riuscivo a trovare un buco ma è impossibile perché devo organizzare tutti i consigli... devo chiudere ancora delle operazioni finanziarie... mi faresti un grande favore, ti fai spiegare a te...».
(T): «Uhm».
(C): «...Se c’è qualcosa di... di importante che mi deve dire. Dopodiché tu mi chiami sul telefonino... Io ti do un... un... oppure tu mi dai un numero di telefono fisso e dopo io ti chiamo con un fisso e mi dici queste cose».
(T): «Uhm, uhm. D’accordo. (...) Vabbé, Giova’, pensa a lavorare e stai tranquillo, non ti preoccupare».
(C): «Eh».
(T): «Mò parlo io con Massimo».
(C): «Tu mi richiami...».
(T): «Tu domenica sera potresti vederlo...».
(C): «Sì domenica sera sì perché io vengo a Roma comunque a chiudere i contratti domenica pomeriggio.

Capito? (...) L’unica cosa se mi deve dire qualcosa ecc...».
(T): «Di urgente...».
(C): «Di urgente, io poi c’ho...».
(T): «Eh. Va bene».
(C): «...il mio telefono, ti chiamo e... tu midi dici dove e siamo a posto...».

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