Roma Francesco Boccia contro Nichi Vendola per scegliere chi sarà il candidato governatore del Partito Democratico in Puglia. Le primarie dunque si faranno il 24 gennaio. E se dovesse vincere Vendola l’Udc, dice Angelo Sanza, sarà costretta a fare «altre scelte politiche».
Le cose fino ad ora sono andate nel peggiore dei modi per lo stratega Massimo D’Alema e l’ex premier non ha nessuna voglia di tacere la lunga serie di sfortunati eventi che hanno portato il Pd agli stracci proprio nella «sua» terra. All’assemblea regionale del Pd pugliese a Bari, D’Alema è un fiume in piena che si rovescia su chi secondo lui è il colpevole. Ovvero l’attuale governatore della Regione, Vendola, che già cinque anni fa sconfisse Boccia. Ora il duello si ripropone con la bilancia che pende a favore di Vendola, mettendo a rischio l’accordo con Casini e dunque pure la leadership del Pd e della linea politica scelta con Pierluigi Bersani.
Una situazione che sta comoda a D’Alema come un cappio al collo. Ancora una volta il più furbo di tutti sembra non aver azzeccato una mossa. Tutta colpa, accusa lui, del protagonismo di Vendola al quale chiede nuovamente di fare un passo indietro.
«In certi momenti per far fare passi in avanti a tutti un leader politico deve fare un passo indietro dimostrando così la forza della sua personalità», dice D’Alema. Per la verità se Vendola avesse fatto un passo indietro avrebbe dimostrato la forza della personalità di D’Alema. Non la sua. E dato che a Vendola la personalità non manca lui quel passo indietro non l’ha fatto e non pare proprio intenzionato a farlo. D’Alema ricorda quando l’esponente di Sinistra e Libertà «promosse in giunta regionale un consigliere uscito dal Pd ed entrato nell’Udc» per instaurare un rapporto diretto con l’Udc. «Se avessimo preso noi una simile iniziativa - tuona - sarebbe stata definita un orrendo machiavellismo invece l’ha fatta lui ed è politica. Non abbiamo protestato per senso di responsabilità pur di fronte ad una scelta che poteva apparire abbastanza lesiva della dignità di un partito».
Ma non è l’unico sasso dalla scarpa che si toglie D’Alema. Vendola, prosegue «ha discusso con Casini in una parte importante dell’estate» ma «il gruppo dirigente dell’Udc, nello spirito di una alleanza con il centrosinistra, ha fatto presente che riteneva sin da allora la candidatura di Vendola troppo pronunciata dal punto di vista politico, anche per la sua condizione di leader di un partito nazionale della sinistra estrema». Insomma il no dell’Udc era categorico e allora, dice D’Alema, Vendola anziché aprire un confronto politico «si è autocandidato con un appello diretto al popolo, mettendo i partiti con le spalle al muro».
A questo punto non restano che le primarie alle quali ora D’Alema dice di essere sempre stato favorevole ma di non averlo detto prima per non «farsi bello con le interviste». Primarie che non sono «contro» Vendola assicura ma proprio per recuperarlo, invitando poi tutto il partito a sostenere unitariamente la candidatura di Boccia che poco dopo viene proclamato candidato all’unanimità dal presidente dell’Assemblea regionale del Pd della Puglia, Michele Emiliano. Alcuni esponenti dell’area democratica del partito segnalano però come in molti in realtà non abbiano votato o addirittura se ne siano andati via prima del voto.
Boccia chiede a Vendola di lavorare insieme «comunque vadano le primarie» e il governatore della Puglia, apprezzando il suo cambio di tono, si dice «sempre a disposizione delle battaglie per la difesa della democrazia, per la difesa delle coalizioni che rappresentano gli interessi di progresso». Certo non disponibile a ritirarsi. Quanto alle accuse Vendola si dice stupito dal fatto che «uno statista e un leader politico come D’Alema possa autoimprigionarsi in polemiche senza respiro e così gonfie di astio».
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