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Dagli accordi di Bretton Woods al divorzio con l'oro le tappe di un lungo dominio

Metallisti contro cartalisti. I primi vogliono, secondo tradizione, che il ruolo della moneta sia legato al valore intrinseco del metallo a cui essa rimanda (negli ultimi secoli l' oro)

Dagli accordi di Bretton Woods al divorzio con l'oro le tappe di un lungo dominio

Metallisti contro cartalisti. I primi vogliono, secondo tradizione, che il ruolo della moneta sia legato al valore intrinseco del metallo a cui essa rimanda (negli ultimi secoli l' oro). I secondi (nel tempo usciti vincitori su tutta la linea) pensano invece che il valore dipenda solo dal fatto che essa circola per volontà dello Stato e non dal fatto di rappresentare un metallo. I metallisti finiscono per chiudere la crescita economica in una specie di camicia di forza legata alla quantità di metallo disponibile. I cartalisti rischiano di aprire la strada a un'espansione potenzialmente incontrollata della moneta con la sua conseguente perdita di valore.

Una sorta di compromesso tra i due partiti contrapposti fu raggiunto nel 1944, quando a Bretton Woods, nel New Hampshire, Nord-Est degli Stati Uniti i delegati di una quarantina di Paesi (il più famoso era l'economista britannico John Maynard Keynes) si riunirono per definire il nuovo ordine finanziario globale.

Il meccanismo varato in quell'occasione viene definito gold exchange standard, ed era basato su rapporti di cambio fissi tra le valute, tutte agganciate al dollaro, il quale a sua volta era agganciato all'oro. In pratica chi si presentava con dei dollari alla Federal Reserve (la banca centrale) americana poteva chiedere di ricevere lingotti secondo un rapporto prefissato: 35 dollari all'oncia (corrispondente a 28,35 grammi).

Il sistema aveva una serie di vantaggi e garantì fino agli anni 60 inoltrati un periodo di lunga stabilità e di crescita economica. È il periodo che in Francia viene definito con grande efficacia dei «Trente Glorieuses», 30 anni gloriosi di crescita economica senza uguali nei secoli precedenti.

Allo stesso tempo il gold exchange standard si basava su un presupposto fondamentale: che gli Stati Uniti fossero davvero disposti a versare il proprio oro in cambio di dollari. Negli anni Sessanta la crescita del welfare state e la guerra del Vietnam fecero aumentare molto la spesa pubblica statunitense, con un crescente indebitamento e una maggiore emissione di dollari. La conseguenza fu un aumento delle richieste di conversione in oro. Il Tesoro americano dovette versare 12mila tonnellate d'oro in tempi relativamente ristretti. Di fronte all'assottigliarsi delle disponibilità il presidente Richard Nixon, il 15 agosto 1971, annunciò la sospensione della convertibilità del dollaro.

Nel dicembre del 1971, un gruppo di dieci Paesi firmò il cosiddetto «Smithsonian Agreement», la fine ufficiale degli accordi di Bretton Woods. Il dollaro venne svalutato e iniziò ufficialmente l'era dei cambi flessibili, soluzione di fatto il cui quadro giuridico venne definito in varie fasi nella prima metà degli anni Settanta.

Il principio dello standard aureo caro ai metallisti era tramontato per sempre.

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