Dagli anti-Tav ai centri sociali, i cortei che fanno paura

I disordini in quattro cortei soltanto negli ultimi tre mesi hanno fatto rialzare il livello di pericolo. Su 3 sono aperte inchieste penali

Emanuela Fontana

da Roma

Il diritto è sancito dalla Costituzione, ma è l’intolleranza di alcuni atteggiamenti vicinissimi all’estremismo che da sempre preoccupa a livello internazionale in occasione di manifestazioni a ridosso delle elezioni. L’allarme del dipartimento di Stato Usa è riferito infatti a episodi specifici, anche se non citati nel dettaglio, di cortei ufficialmente promossi in Italia per contestare, e che hanno assunto pieghe lontane dalla democrazia, o per esibizioni fisiche violente, o per messaggi ai limiti con l’apologia del terrorismo. Negli ultimi mesi sono state almeno quattro le manifestazioni pubbliche dai toni non propriamente democratici, tanto che per tre di questi cortei sono state aperte delle inchieste da parte delle procure delle città dove si sono svolti i fatti.
La nuova ondata di piazza pre-elettorale è partita con le proteste anti-Tav proprio alla vigilia delle Olimpiadi. Proteste condannate da tutti gli schieramenti ma anche dai cittadini della Val di Susa in alcuni casi, e che arrivarono al punto di boicottare sistematicamente la fiamma olimpica, simbolo dell’unione tra i popoli. La tregua è durata ben poco, e comunque solo nell’area piemontese. Proprio nei giorni dei Giochi, a Roma è andata in scena una protesta che ha imbarazzato la sinistra e soprattutto i promotori del corteo, i Comunisti Italiani. La marcia era stata organizzata il 18 febbraio per appoggiare la Palestina dopo l’isolamento di Hamas in seguito alla vittoria elettorale. Ma il corteo è degenerato quando da un gruppo di ragazzi è partito il coro: «Dieci, cento, mille Nassirya», a conferma dell’appoggio di una parte estrema della sinistra alla resistenza irachena. In quell’occasione furono bruciate anche le bandiere israeliana e americana e per questo la procura di Roma ha aperto un fascicolo al momento contro ignoti con le accuse di istigazione a delinquere e vilipendio della bandiera.
Dopo anni di tregua sociale anche a Milano si è assistito a un’inquietante alzata di toni, con scene di guerriglia urbana nel centralissimo corso Buenos Aires. Un gruppo di antagonisti dei centri sociali erano scesi in piazza sabato 11 marzo per una manifestazione antifascista e per contestare il corteo della Fiamma Tricolore. Ma il presidio è sfociato nella violenza. Nove agenti sono rimasti feriti, 45 manifestanti sono stati fermati e soprattutto una zona del corso è stata vandalizzata, con quattro auto carbonizzate, altre danneggiate, una bomba carta esplosa davanti a un Mc Donald’s, e ancora un negozio e un’edicola distrutti e numerose vetrine rotte. La protesta dei manifestanti ha innescato una rivolta popolare: negozianti e passanti si sono scagliati contro i ragazzi autori degli scempi. Per stasera a Milano, in piazza delle Erbe, è stato convocato un «presidio antifascista» per la «libertà dei compagni incarcerati».
A Genova la contestazione è stata invece esclusivamente antiberlusconiana. È successo martedì scorso, in occasione della visita del premier.

Giovani dei centri sociali si sono dati appuntamento vicino al teatro Carlo Felice, sede del meeting di Forza Italia, e anche in questo caso la polizia è intervenuta, quando un gruppo di manifestanti ha tentato di sfondare il cordone a protezione dell’ingresso del teatro. A quel punto si sono susseguiti diversi scontri, i manganelli della polizia da una parte, lanci di pietre e bottiglie dall’altra, in cui è rimasta ferita una minorenne.

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