da Roma
Una partenza lanciata, con uno scatto alcuni istanti prima del colpo di pistola. Una pausa. E ora un grande rilancio dimmagine. Alleanza nazionale va dritta per la sua strada. E, rispetto a Forza Italia e Udc, sceglie tempi diversi per la declinazione della sua campagna elettorale. Se oggi il volto di Silvio Berlusconi e Pierferdinando Casini campeggiano, uno sorridente, laltro pensieroso, sulle grandi «finestre» dei 6x3, Gianfranco Fini è meno visibile sui manifesti. Fino ad alcune settimane fa, però, era lui lunico front-man della Cdl ad affacciarsi sulle strade italiane con lo slogan: «Fini, il futuro a destra». Una sorta di pubblicità comparativa in cui veniva accostato al «vecchio», rappresentato da una foto un po ingiallita di Prodi presidente dellIri. Una dicotomia sul modello celentaniano: Fini «rock», Prodi «lento», riproposta anche on the road, a ogni fermata del suo Tir azzurro.
La scelta, ovviamente, è tuttaltro che casuale. An, infatti, ha deciso di identificarsi nella figura del suo leader come mai prima. «An sconta da sempre due gap» spiegava tempo fa Ignazio La Russa, «quello di chi pensa sempre di votarci ma poi non si decide mai. E quello di chi decide di votare An ma poi allultimo minuto, nella cabina elettorale, cambia idea perché sulla scheda non trova Fini ma il simbolo di An e si blocca». I numeri confermano questa teoria: per Nicola Piepoli il gradimento del leader è al 60%, contro il 57% del 2004, per Euromedia è al 41% di fiducia e al 95% di notorietà. Il problema è il partito, inchiodato al 12%. Per tentare di tradurre i consensi del leader in voti sonanti, cè una prima scelta obbligata: candidare Fini in tutte le regioni come capolista. Ma la strategia è soprattutto quella di impostare tutta la campagna su un messaggio di fondo, un semplice slogan ombra allamericana: «Fini for president». Una mossa che punta a far passare il concetto che il vicepremier può davvero aspirare a diventare il titolare di Palazzo Chigi, uscendo dal cono dombra berlusconiano. La «finizzazione» del messaggio passerà attraverso diverse tappe. È già partita una lettera agli elettori in cui il ministro degli Esteri dice sostanzialmente: «Sono tornato, ora anche voi dovete fare la vostra parte». Ma licona politica della destra ha anche pianificato una serie di iniziative sul campo. Ci sarà, ad esempio, un grande ritorno: quello ai comizi «in solitaria», con un primo «one man show» il 17 dicembre a piazza Esedra a Roma. Ci sono poi i comitati «Per Fini presidente» che stanno fiorendo quasi spontaneamente. E poi la nuova cartellonistica. Non è stato rinnovato il contratto con lagenzia americana Leo Burnett. A produrre slogan e immagini ci penserà la Mm productions, come chiamano in An la coppia formata da Roberto Menia e Federico Mollicone. «Da oggi a Roma saranno visibili i nuovi 6x3 che ripropongono lo slogan Il futuro a destra, con Fini in primo piano e alcuni simboli che richiamano alle radici italiane, come le colline toscane sullo sfondo di un cielo azzurro e la Via Appia» racconta Menia. «I cartelloni, poi, fino al 9 marzo, verranno aggiornati, con il nome di Fini sempre più visibile e slogan che richiameranno tanto i contenuti identitari, quanto la modernizzazione del Paese». Nelle prossime settimane, infine, il grand tour finiano cambierà mezzo di trasporto e dal Tir passerà al treno, per un nuovo viaggio elettorale che partirà dalla stazione di Roma. A febbraio scatterà unaltra tappa fondamentale: la conferenza programmatica, una grande vetrina mediatica di tre giorni il cui regista sarà Maurizio Gasparri. Il primo giorno sarà dedicato alle realizzazioni del governo. Il secondo a unampia rassegna di nequizie commesse dalle amministrazioni di sinistra, con una serie di video. Il terzo a un programma elettorale ristretto, concentrato in non più di 100 righe, «perché quando si è molto prolissi significa che o non si ha molto da dire o si hanno le idee confuse» spiega Gasparri. I riflettori saranno puntati sullinteresse nazionale, sul made in Italy, sulla famiglia, sul Sud. Ma anche sull«allarme sinistra», ovvero sul rischio che, come dimostra il caso Tav, in caso di vittoria dellUnione il Paese si fermi. Con una sorpresa finale: la presentazione del simbolo «An per Fini».
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